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Estremi:
Corte Costituzionale, 1972,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto:

    Nel procedimento civile vertente tra l'Amministrazione delle finanze dello Stato e l'Ospedale Maggiore di Milano in ordine all'appartenenza delle somme corrisposte dalla Philips S.p.a. all'Ospedale quale erede testamentario di Roberto Salici, già dipendente della società stessa e deceduto durante il rapporto di lavoro, il tribunale di Milano, con ordinanza del 14 novembre 1969, premesso che le dette somme costituivano l'importo dell'indennità di anzianità e di mancato preavviso dovute in caso di morte del lavoratore, sollevava d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2122, comma terzo, del codice civile in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.

    Ad avviso del tribunale le dette indennità apparterrebbero al patrimonio del lavoratore alla stregua del salario, atteso il carattere retributivo che alle stesse sarebbe ormai universalmente riconosciuto.

    E siccome relativamente ad esse, in mancanza delle persone di cui al primo comma dell'art. 2122, è disposta, col terzo comma dello stesso articolo, la successione legittima con la esclusione di quella testamentaria, quest'ultimo divieto darebbe vita ad una disparità di trattamento in danno dei prestatori di lavoro e nei confronti di tutti gli altri cittadini, con violazione del principio di eguaglianza. Del resto la disparità di trattamento non sarebbe sostenuta dalla esistenza e prevalenza di altri interessi.

    Sempre secondo il tribunale, l'attribuzione delle somme allo Stato si risolverebbe in una espropriazione senza indennizzo non giustificata da alcun interesse generale: la qualità di erede necessario dello Stato non avrebbe ragione se non formale di essere invocata nella specie. Conseguentemente la norma sarebbe in contrasto con l'art. 42 della Costituzione.

    L'ordinanza è stata...

  • Diritto

    Considerato in diritto:

    1. - Con l'ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale di Milano sostiene che l'art. 2122, comma terzo, del codice civile, nella parte in cui esclude che il lavoratore subordinato possa disporre per testamento delle indennità ivi indicate, sia in contrasto con il principio di eguaglianza perché pone in essere una ingiustificata disparità di trattamento in danno dei lavoratori subordinati e nei confronti di tutti gli altri cittadini; e che lo stesso articolo, là ove prevede che, in mancanza di eredi legittimi entro il sesto grado, le dette indennità vadano attribuite allo Stato, violi l'art. 42 della Costituzione, perché dà luogo ad una espropriazione senza indennizzo e nella carenza di motivi di interesse generale.

    2. - Con il terzo comma dell'art. 2122 del codice civile il legislatore presuppone che il diritto alle indennità indicate dagli artt. 2118 e 2120 dello stesso codice e dovute in caso di morte del lavoratore, faccia parte del di lui patrimonio.

    Tali indennità, infatti, "sono attribuite secondo le norme della successione legittima", e cioè il diritto ad esse relativo spetta, jure successionis, agli eredi legittimi del lavoratore.

    Intesa in questi termini l'anzidetta norma, la questione risulta fondata.

    Con la disposizione sopra richiamata è ammessa, ai fini dell'attribuzione mortis causa, la sola delazione legittima: quella testamentaria è implicitamente esclusa, e correlativamente nella specie, siccome anche ritiene il giudice a quo, non trova applicazione l'art. 457 del codice civile, secondo cui "non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria".

    Ora nell'esclusione della delazione testamentaria, risiede la particolarità della disciplina de qua nei...

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