1. IL CASO
(*)La società Alfa — ottenuta la condanna della società Beta al risarcimento dei danni subìti per effetto di atti di concorrenza sleale posti in essere nei suoi confronti e concretizzatisi nello storno di alcuni dipendenti impiegati presso una sua filiale — agiva, sempre nei confronti di Beta, per ottenere la liquidazione del danno accertato per effetto della prima pronuncia.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda di liquidazione di Alfa, decisione che veniva confermata in sede d'appello.
La Corte territoriale, infatti, riteneva che la liquidazione del danno — dal momento che Alfa non aveva provato che il decremento di fatturato subìto fosse da ricondursi «con certezza» allo storno dei dipendenti e che, dall'istruttoria orale, era emerso che i clienti di Alfa non avevano interrotto del tutto i rapporti commerciali con detta impresa — non potesse essere effettuata ricorrendo al criterio differenziale. Alfa, inoltre, aveva mancato di provare il nesso di causalità tra lo storno e la riduzione del fatturato.
La Suprema Corte rigettava il ricorso di Alfa aderendo alla decisione del giudice d'appello.
2. LA LIBERTÀ DI CONCORRENZA E LA CONCORRENZA SLEALE
Nell'ambito della libertà di iniziativa economica, sancita dalla più autorevole fonte del nostro ordinamento, ciascun imprenditore può porre in essere le strategie e adottare le tecniche che ritiene più efficaci per avvantaggiarsi sui propri competitor.
Tuttavia, essendo interesse generale che la competizione tra imprenditori si svolga nel rispetto della correttezza e della lealtà, l'ordinamento,...
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