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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. Il Tribunale di Agrigento decidendo sul ricorso proposto da M.S. nei confronti della Red Bull s.r.l. dichiarò l'illegittimità del licenziamento intimato dalla Red Bull s.r.l. in data 18.5.2010, dispose la reintegrazione del M. nel posto di lavoro con le mansioni in precedenza occupate, condannò la società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non percepite ed al pagamento della somma di Euro 5.711,43 in relazione allo straordinario accertato in quattro ore settimanali dal 1.1.2006 al 31.12.2008. Rigettò la domanda di risarcimento del danno connessa al comportamento mobbizzante lamentato dal M. e quella volta al riconoscimento dell'inquadramento nel 2 livello del ccnl del terziario.

    2. La Corte di appello di Palermo investita del gravame principale della Red Bull s.r.l. ed incidentale del M. confermò la sentenza osservando che condivisibilmente il Tribunale aveva qualificato come trasferimento la modificazione dell'ambito territoriale nel quale il M., promotore commerciale, era tenuto a proporre la vendita di prodotti o servizi per conto della società. Del pari ha ritenuto che correttamente il Tribunale aveva accertato che la variazione organizzativa non era risultata sorretta da alcuna ragione tecnica e/o produttiva. Ha ritenuto perciò che il rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione era legittimo, ai sensi dell'art. 1460 c.c. e che era ingiustificato il recesso motivato da tale inadempimento. Con riguardo al lavoro straordinario ha poi accertato che l'istruttoria svolta aveva confermato che nel periodo in esame (2006-2008) era stato necessario un maggior orario per coprire tutti i punti vendita assegnati ed ha ritenuto congrua la quantificazione del compenso avuto riguardo ad una media settimanale e tenuto conto di tutti adempimenti richiesti.

    3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Red Bull s.r.l. che articola cinque motivi ai...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte di merito aveva ricondotto alla fattispecie del trasferimento quella che, in realtà, era una mera variazione di punti vendita assegnati aventi le medesime caratteristiche e situati nelle medesime province di (OMISSIS). Evidenzia la società che al M., promotore commerciale della Red Bull s.r.l., non era stato indicato un itinerario da seguire ma piuttosto era stata assegnata una zona ed, in quell'ambito, dei clienti e che perciò la modifica, nella medesima zona, dei clienti da contattare non costituiva un trasferimento. Evidenzia che tale circostanza non era stata contestata dal lavoratore che non aveva mai impugnato il preteso trasferimento e dunque erroneamente la Corte aveva ritenuto configurabile una violazione dell'art. 2103 c.c..

    5. Il motivo è fondato.

    5.1. Va premesso che non si ravvisano nella censura i profili di inammissibilità denunciati. Nel motivo di ricorso è riprodotta, nella sua parte essenziale, la direttiva con la quale è stata disposta la riorganizzazione dei punti vendita da visitare ed il documento (e-mail del 15 aprile 2010 inviata dal Dott. C. al M.) è allegato al ricorso al documento 5. Inoltre non è contestato tra le parti che l'area geografica nei quali i punti vendita si trovavano restava quella delle province di (OMISSIS). Ne dà atto la sentenza a pag. 3 ed anche il M. lo conferma a pag. 9 del suo controricorso.

    5.2. Si tratta allora di stabilire se, ferma l'area geografica complessiva in cui deve svolgersi la prestazione lavorativa, la modifica della clientela nei confronti della quale il lavoratore deve svolgere la sua attività di promozione e vendita del prodotto integri o meno un trasferimento ai sensi dell'art. 2103 comma 1...

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