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Estremi:
Cassazione civile, 2016,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza depositata il 6.3.09 la Corte d'appello di Torino, in totale riforma della sentenza di accoglimento emessa in prime cure dal Tribunale subalpino, rigettava le domande proposte da L. C., in proprio e quale legale rappresentante della L. Impianti S.r.l., intese ad ottenere l'accertamento negativo dei crediti vantati dall'INPS a titolo di contributi sulle indennità di trasferta pagate ai dipendenti dell'impresa qualificati, dai giudici d'appello, come veri e propri "trasfertisti".

    Per la cassazione della sentenza ricorre L.C., in proprio e quale legale rappresentante della L. Impianti S.r.l., affidandosi a tre motivi.

    L'INPS - in proprio e quale mandatario ex lege della S.C.C.I. S.p.A., Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS - resiste con controricorso.

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, come modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997 (oggi art. 51 TUIR), per avere l'impugnata sentenza ritenuto che la franchigia ivi prevista (L. 90.000, pari ad Euro 46,48) sia applicabile soltanto alle trasferte occasionali e non anche alle indennità e alle maggiorazioni spettanti ai lavoratori (c.d.

    "trasfertisti") che per contratto sono tenuti ad eseguire la propria prestazione in luoghi sempre diversi; si obietta in ricorso che l'elemento distintivo delle due ipotesi delineate, rispettivamente, nel comma 5, e nel comma 6, del cit. art. 51, consiste, invece, nelle modalità di corresponsione dell'indennità di trasferta, nel senso che il comma 6, si applica solo in caso di erogazione continua dell'indennità, a prescindere dall'essere i lavoratori qualificabili o meno come "trasfertisti"; nel caso di specie - conclude il ricorso - è applicabile il più favorevole regime previsto dal comma 5, che prevede l'esonero totale dalla contribuzione sino alla cifra sopra ricordata.

    Analoga doglianza viene fatta valere con il secondo motivo di ricorso, sotto forma di falsa applicazione dell'art. 51, comma 6 TUIR e di vizio di motivazione, perchè - contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale - tale norma presuppone come condizione necessaria per la propria applicazione che il dipendente sia obbligato per contratto ad espletare la propria attività lavorativa in luoghi sempre diversi, a tal fine non bastando la mera frequenza della trasferta ove questa non si riveli - appunto - come contrattualmente dovuta, mentre nel caso in esame si tratta di mera prestazione di fatto resa prevalentemente in luoghi diversi dalla sede dell'impresa, senza che l'INPS abbia allegato e provato...

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