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Titolo:
Concetto di “insussistenza del fatto” e relativo regime di tutela nell'ipotesi di licenziamento illegittimo
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  • Sommario

  • Il caso

    Il Tribunale ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dalla società al lavoratore per avere questi riportato condanna sulla base di una sentenza di patteggiamento exart. 444 c.p.p., per fatti non compiuti in connessione del rapporto di lavoro; conseguentemente ha dichiarato risolto alla data del licenziamento il rapporto medesimo, ed ha condannato la società a pagare al lavoratore, exart. 18, comma 6, l. n. 300 del 1970 (nel testo novellato dall'art. 1, l. n. 92 del 2012), una indennità pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita.

    Con pronuncia del 2015 la Corte d'Appello escludeva ogni tutela reintegratoria e, ritenuto di dover applicare la tutela indennitaria cd. forte di cui al comma 5 del citato art. 18, aumentava a dodici mensilità l'indennizzo in favore del lavoratore.

    La decisione di secondo grado veniva cassata dalla Suprema Corte, con sentenza del 2016, la quale enunciava i seguenti principi di diritto: a) «Solo una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso può integrare stricto iure una responsabilità disciplinare del dipendente, diversamente non configurandosi neppure un obbligo alcuno di diligenza e/o di fedeltà ex art. 2104 e 2105 cc e, quindi, una ipotetica violazione sanzionabile ai sensi dell'art. 2106 cc»; b) «Condotte costituenti reato possono - anche a prescindere da apposita previsione contrattuale in tal senso - integrare giusta causa di licenziamento sebbene realizzate prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino - attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto - incompatibili con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza».

    La Corte d'Appello, in...

 

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