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Titolo:
Il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione a seguito dell''illegittimo trasferimento
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  • Sommario

  • Il caso

    Una lavoratrice agiva in giudizio chiedendo l'accertamento della illegittimità del licenziamento, irrogatole in conseguenza della mancata presentazione in servizio presso la sede lavorativa assegnatale a seguito di un provvedimento di trasferimento.

    La lavoratrice contestava immediatamente suddetto provvedimento per insussistenza delle ragioni giustificatrici poste alla base del trasferimento stesso ed essendo stata licenziata dalla società datrice in ragione del rifiuto opposto, ricorreva al Tribunale per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, quantificato in 48 mensilità della retribuzione lorda contrattuale; nel proprio ricorso, la lavoratrice deduceva altresì di aver svolto mansioni superiori rispetto al proprio inquadramento e chiedeva la condanna della società datrice al pagamento delle differenze retributive.

    Il Giudice di prime cure rigettava il ricorso.

    La Corte di appello riformava parzialmente la sentenza del primo Giudice e riconosceva la illegittimità del provvedimento di recesso, condannando la società datrice al pagamento di un'indennità risarcitoria, nella misura di 20 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita dalla lavoratrice.

    Il Collegio giudicante del gravame, espletata attività istruttoria, non riscontrava alcuna specifica esigenza aziendale cui ricondurre il trasferimento della lavoratrice e, dunque, reputando che il provvedimento fosse stato adottato contra legem, in violazione dell'art. 2103, c.c., considerava giustificato il rifiuto della lavoratrice ad eseguire la prestazione lavorativa nella nuova sede di assegnazione; la Corte quantificava il risarcimento del danno sulla base delle disposizioni ex art. 18, l. n. 300 del 1970, commi 4 e 5, ratione temporis applicabili e rigettava le altre richieste della lavoratrice ricorrente per carenza...

 

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