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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    RILEVATO

    che:

    B.R., assunta alle dipendenze del Ministero della Istruzione, Università e Ricerca con reiterati contratti a tempo determinaro ha chiesto al Tribunale di Urbino la condanna del Ministero al risarcimento del danno ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36;

    Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda, escludendo la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato e condannando il Ministero al pagamento, in favore della lavoratrice, degli scatti di anzianità che la ricorrente avrebbe percepito ove assunta a tempo indeterminato, nonchè delle mensilità di luglio e agosto di tutti gli anni considerati; ha inoltre condannato il MIUR al risarcimento del danno, quantificato in alcune mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;

    la sentenza è stata appellata, in via principale, dal Ministero e, in via incidentale, dalla lavoratrice e la Corte d'appello di Ancona ha accolto in parte entrambe le impugnazioni, condannando il Ministero al pagamento, in favore della ricorrente, di una somma pari alla differenza tra la retribuzione spettante al dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato e quella effettivamente percepita dalla lavoratrice;

    per la cassazione ha proposto ricorso il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca sulla base di un solo motivo;

    la parte intimata non ha svolto attività difensiva;

    la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;

    il MIUR ha depositato rinuncia al ricorso non notificata alla controparte;

    il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che:

    la rinuncia semplice, in presenza di parte non costituita, determina l'estinzione del procedimento;

    invero, la rinunzia al ricorso per cassazione non ha carattere cosiddetto accettizio, nel senso che non richiede l'accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971), ma carattere recettizio, esigendo l'art. 390 c.p.c. che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259);

    l'accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo il secondo comma dell'art. 391 c.p.c. che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

    nella specie alla declaratoria di estinzione del processo non segue alcuna statuizione sulle Spese, essendo la controparte rimasta intùnani; infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560), e la qualità della parte ricorrente, che in quanto Amministrazione dello Stato è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo, atteso il meccanismo della prenotazione a debito (cfr. Cass. 1778/2016), escludono l'applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l'obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all'atto della proposizione dell'impugnazione.

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