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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    RILEVATO

    che con sentenza in data 16 aprile 2012 la Corte di Appello di Roma ha respinto l'appello proposto dall'Agenzia del Demanio avverso la sentenza del Tribunale di Viterbo che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno da privazione delle mansioni avanzata da D.C.P. e T.C. i quali, a seguito della trasformazione dell'Agenzia in ente pubblico economico, avevano optato per la permanenza nel comparto o per il passaggio ad altre amministrazioni ma erano stati lasciati totalmente inattivi dall'aprile 2004 presso l'ufficio di Viterbo; che avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'Agenzia del Demanio sulla base di due motivi, ai quali hanno opposto difese D.C.P. e T.C. con tempestivo controricorso;

    che sono state depositate memorie da entrambe le parti.

  • Diritto

    CONSIDERATO

    1.1 che con la prima censura l'Agenzia del Demanio denuncia "violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 74 e D.Lgs. n. 173 del 2003, art. 1 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3" perchè la Corte territoriale non ha pronunciato sul motivo di appello con il quale era stato rappresentato che il complesso procedimento di riorganizzazione dei servizi e del personale non aveva consentito l'immediata utilizzazione dei lavoratori nelle mansioni proprie dei profili rivestiti, sicchè il preteso inadempimento non poteva essere ritenuto imputabile a colpa dell'amministrazione;

    1.2. che il secondo motivo, nel denunciare " violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2043 c.c.", addebita alla sentenza impugnata di avere ritenuto provato il danno da demansionamento in assenza di allegazione e di prova e, quindi, di averlo ritenuto in re ipsa, ponendosi in contrasto con i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 6752 del 2006;

    2. che il primo motivo è inammissibile in quanto "nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronunzia da parte della impugnata sentenza,in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell'ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (con riferimento all'art. 112 c.p.c.), purchè nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge" (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931);

    2.1 che detta ultima ipotesi ricorre nella fattispecie perchè l'Agenzia, oltre a non denunciare la violazione dell'art. 112 c.p.c., ha solo invocato la normativa con la quale era stata consentita ai dipendenti...

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