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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    RITENUTO

    che con sentenza n. 930/2013 la Corte d'Appello di Roma rigettava l'appello dell'INPS, cui aveva aderito Trenitalia SPA, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta a titolo di bonus L. n. 243 del 2004, ex art. 1, comma 12 da S.D. nei confronti di INPS e Trenitalia SPA, condannando quest'ultimi al pagamento del dovuto.

    che a fondamento della decisione la Corte sosteneva che la L. n. 243 del 2004, art. 1 stabiliva il diritto al bonus rimandando al successivo decreto ministeriale la sola determinazione delle modalità di riconoscimento ed erogazione del bonus, senza perciò che il decreto ministeriale potesse eccedere da tali limiti; che la legge poneva soltanto un unico limite temporale per la fruizione del bonus limitandolo al periodo 2004/2007, ma senza contenere alcun richiamo alla maturazione dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia, sicchè il D.M. 6 ottobre 2004 che conteneva tale condizione era illegittimo ed andava disapplicato;

    che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione in via principale Trenitalia con un unico motivo di censura, l'INPS ha depositato controricorso con ricorso incidentale con un motivo; resistono con controricorso C.M.T. e litisconsorti in qualità di eredi di S.M.; le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che il ricorso principale ed incidentale chiedono la cassazione della sentenza in quanto la sentenza avrebbe violato la L. n. 243 del 2004 riconoscendo il diritto del S. a fruire del bonus per il periodo successivo al compimento da parte dello stesso del requisito anagrafico per accedere al pensionamento di vecchiaia e sino al momento di efficacia della predetta disciplina ovverossia al 31.12.2007 e ciò in forza della disapplicazione del D.M. 6 ottobre 2004, n. 15507 ritenuto illegittimo;

    che preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla difesa di C.M.T. e litisconsorti per aver concluso in prime cure per la pronuncia secondo equità (che non equivale ad acquiescenza) e per difetto di interesse all'impugnazione (in quanto la corresponsione del bonus incide sulla struttura del rapporto retributivo);

    che i ricorsi sono fondati nel merito per le corrette ed assorbenti ragioni compiutamente esposte da questa Corte con la sentenza n. 15356/2014 e poi ribadite dalle sentenze 14948/2016 e 15442/2016, nelle quali si è affermato il seguente principio: "la L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 12, in base alla sua interpretazione letterale e logico-sistematica, va intesa nel senso che il "bonus" ivi previsto (consistente nella possibilità, per le categorie di lavoratori indicate, di ottenere in busta paga la somma corrispondente alla complessiva contribuzione per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, che il datore di lavoro è tenuto a versare agli enti previdenziali, previa rinuncia all'ordinario accredito dei contributi stessi) non può essere attribuito a coloro che abbiano conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia, in quanto tale beneficio, espressamente finalizzato ad incentivare il posticipo del pensionamento, è destinato a coprire il periodo intercorrente tra il momento in cui...

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