1. Premessa
In questo contributo si intende verificare se, ed in che misura, i criteri della “ragionevolezza” e della “proporzionalità” possano assumere rilievo ogni qualvolta il legislatore e, oggi, le parti collettive, in virtù di un'espressa previsione legislativa, come quella contemplata nel nuovo articolo 2, comma 2, decreto legislativo n. 81/2015, dispongono in ordine alla qualificazione del rapporto e/o rimodulano le tutele connesse al tipo lavoro subordinato.
Il dibattito in materia ha trovato un fecondo terreno di sviluppo, oltre che nella dottrina, nella giurisprudenza costituzionale: come è noto, i giudici costituzionali hanno avuto occasione di fornire importanti chiarificazioni in ordine ai limiti di disponibilità del tipo legale, stabilendo, in particolare, che il legislatore non può escludere la natura subordinata del rapporto di lavoro, e quindi sottrarlo in tutto o in parte alla disciplina di tutela prevista per il tipo, là dove quel determinato rapporto sia “oggettivamente” subordinato.
Sulla questione della cosiddetta indisponibilità del tipo lavoro subordinato, sollevata da queste pronunce, come vedremo, non sono mancati equivoci dottrinali (1). Oggi, essa è nuovamente al centro della attenzione a fronte delle recenti tendenze della legislazione del lavoro, la quale, nell'assecondare i ben noti processi socio-economici in corso (ad esempio terziarizzazione dell'economia, c.d. globalizzazione) e le connesse spinte neo-riformiste, si affida, sempre più, alla tecnica del rinvio alla contrattazione collettiva, a cui demanda, di volta in volta, un ruolo nella ristrutturazione delle fattispecie e/o nella rimodulazione delle tutele Fai LOGIN o ABBONATI per accedere al contenuto completo', 'Accesso Negato')"> Documenti con la stessa classificazione
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