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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    La Corte d'Appello di Torino con sentenza n. 500/2011, rigettava l'appello proposto da A.C.F., titolare della ditta individuale SOLOGAS, nei confronti dell'INPS e dell'INAIL, contro la sentenza di primo grado che aveva respinto le opposizioni avverso i verbali di accertamento con cui gli era stato contestato il mancato versamento di contributi previdenziali e premi ed avverso la successiva cartella di pagamento con la quale l'INPS aveva richiesto il pagamento del debito contributivo.

    La Corte d'Appello, per quanto d'interesse, riteneva che i verbali di accertamento fossero legittimi; che la sig.ra D.G.V. non dovesse essere qualificata come lavoratrice subordinata ma come coadiutrice familiare nella ditta del marito; che le indennità di trasferta corrisposte ai letturisti con contratto a progetto non erano tali, in quanto erogate a lavoratori tenuti per contratto a lavorare in luoghi sempre variabili e diversi sicchè l'indennità erogata dall'azienda era volta a compensare il disagio e ricadeva nella fattispecie del D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, comma 6; che i contrati a progetto relativi ai lavoratori M. e C. fossero da convertire in rapporti di lavoro subordinato in mancanza di specifico progetto D.Lgs. n. 276 del 2003.

    Per la cassazione della sentenza di appello ricorre A.C.F. con cinque motivi illustrati da memoria. L'INPS e l'INAIL hanno resistito con controricorso. Nomos Equitalia è rimasta intimata.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1.- Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione od erronea applicazione di norma di diritto in relazione all'art. 2697 c.c. avendo la sentenza impugnata accollato all'esponente e non agli enti impositori l'onere della prova negativa dei fatti posti a base degli accertamenti ispettivi prima e della cartella esattoriale poi.

    2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione od erronea applicazione dell'art. 2094 c.c. in relazione alla posizione della sig.ra D.G. avendo la corte ritenuto erroneamente che la fattispecie rientrasse in quella della coadiuvanza familiare e non della subordinazione.

    I primi due motivi sono inammissibili e comunque infondati in quanto la sentenza impugnata è pervenuta alle conclusioni assunte in ordine alla legittimità dei verbali di accertamento ed alla posizione di coadiuvante familiare della sig.ra D.G., moglie del ricorrente, attraverso una motivazione analitica, logica, di merito, sulle circostanze rilevanti ai fini della causa tutte indicate in sentenza. Neppure è vero che la Corte abbia invertito l'onere della prova in danno dell'esponente, avendo piuttosto affermato correttamente che esso gravasse sulle parti in relazione ai fatti costitutivi posti a fondamento delle rispettive pretese; e che, avendo assolto, gli istituti convenuti in giudizio, alla prova della loro pretesa, attraverso i plurimi elementi probatori raccolti da cui conseguiva la presunzione di gratuità della prestazione svolta dalla D.G. in favore della ditta individuale del coniuge, fosse questo ultimo a dover provare l'esistenza dl rapporto di lavoro subordinato.

    A fronte di tali iter motivazionale, scevro da vizi logici e giuridici, la parte ricorrente si limita a richiedere una nuova e generale valutazione di merito sui fatti di causa rispetto a quello non condivisa e per ciò solo censurata, al fine di ottenerne la...

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