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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con sentenza del 7 dicembre 2010, la Corte d'Appello di L'Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pescara, accoglieva la domanda proposta da R.V. nei confronti di Progetto Fitness Associazione Dilettantistica, avente ad oggetto la condanna di quest'ultima al risarcimento del danno conseguente all'infortunio occorsole mentre, nello svolgimento della sua attività di lavoro quale istruttrice di body building presso la predetta Associazione, utilizzava l'attrezzo ginnico denominato squat con bilanciere.

    La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto regolare la notifica del ricorso in appello effettuata all'Associazione, in persona del suo Presidente, nel domicilio eletto presso gli avvocati, suoi difensori in primo grado; sussistente la responsabilità dell'Associazione datrice per essere l'uso dell'attrezzo comunque consentito anche se non ai principianti, per essere la R., in possesso delle cognizioni necessarie all'uso dell'attrezzo, per non aver la stessa nell'occasione compiuto alcuna imprudenza e per essere l'attrezzo privo delle barre laterali di protezione, idonee ad impedire l'evento, circostanze integranti l'omissione di misure protettive e comunque culpa in vigilando e ravvisabile un danno permanente stimabile nella misura del 10% e risarcibile sulla base della tabelle del Tribunale di Milano aggiornate secondo i criteri di cui alla pronunzia di questa Corte a sezioni unite ed aumentate ai fini della personalizzazione del danno.

    Per la cassazione di tale decisione ricorre l'Associazione, affidando l'impugnazione a quattro motivi. La R. è rimasta intimata.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo, posto sotto la rubrica "art. 360 c.p.c., n. 5" Omessa o comunque insufficiente ed erronea motivazione della sentenza circa fatti controversi decisivi per il giudizio, in relazione agli artt. 36, 37 e 38 c.c., artt. 145, 101, 103 112 e 435 c.p.c.", l'Associazione ricorrente deduce l'incongruità della motivazione circa il rigetto dell'eccezione di improcedibilità del ricorso in appello per essere stato questo erroneamente notificato alla rappresentante legale dell'Associazione nel domicilio eletto in primo grado, che peraltro in quella sede si era costituita in proprio e non in nome dell'Associazione, rimasta contumace.

    Nel secondo motivo la medesima censura è prospettata sotto il profilo della violazione delle richiamate norme di legge.

    Con il terzo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 c.c., l'Associazione ricorrente deduce la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale per avere questa erroneamente ritenuto la norma in questione applicabile ai rapporti di lavoro autonomo.

    Il quarto motivo è inteso a denunciare un vizio di motivazione dell'impugnata sentenza in relazione alla complessiva valutazione del materiale istruttorio.

    I primi due motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati non avendo l'Associazione ricorrente qui dimostrato la propria mancata costituzione e la conseguente sua contumacia nel giudizio di primo grado, da qui discendendo la legittimità della conclusione cui perviene la Corte territoriale per la quale, in relazione alla costituzione in giudizio dell'Associazione anche in sede di appello, la notifica, effettuata nei confronti del soggetto che, rivestendo il ruolo di rappresentante legale della predetta Associazione costituita ai sensi dell'art. 36 c.c. e dunque non riconosciuta, in...

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