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Estremi:
T.A.R. Milano, (Lombardia), 2016,
  • Fatto

    FATTO

    Il ricorrente, professore universitario di ruolo di seconda fascia, è docente di Clinica Chirurgica e Medicina Operatoria Veterinaria presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare (VESPA) dell'Università degli Studi di Milano.

    Il Dipartimento condivide le stesse strutture del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica (DIVET).

    Con l'atto introduttivo del giudizio ha esposto che la "convivenza" tra i due dipartimenti si è rivelata problematica. Ha altresì dichiarato di aver avuto, in data 14 luglio 2014, un acceso diverbio con il dottor -OMISSIS-, ricercatore a tempo determinato presso il DIVET, in relazione ad un intervento in artroscopia su un cavallo presso il Polo Veterinario di Lodi afferente il Dipartimento. Tale diverbio, a detta del ricorrente, faceva seguito a numerosi episodi di "frizione" tra i due, nonché ad un esposto all'Ordine dei Medici Veterinari di Milano da parte del ricorrente nei confronti di -OMISSIS-.

    A seguito di tale fatto, l'Università degli Studi di Milano apriva nei confronti del ricorrente un procedimento disciplinare, conclusosi con la deliberazione 30 settembre 2014 del Consiglio di Amministrazione con la quale gli veniva irrogata la sanzione della sospensione dall'ufficio e dallo stipendio per mesi tre. Avverso il predetto provvedimento disciplinare l'interessato proponeva il ricorso RG 2705/2014. Successivamente all'ordinanza cautelare n. 1628 del 3 dicembre 2014, confermata in sede di appello con ordinanza della sez. VI del Consiglio di Stato n. 930/2015, l'Università rinnovava il procedimento disciplinare all'esito del quale assumeva la deliberazione del 29 settembre 2015, con cui veniva comminata al ricorrente la sanzione della sanzione della sospensione dall'ufficio e dallo stipendio per 3 mesi. Tale provvedimento veniva impugnato con ricorso RG 2390/2015.

    Premessi tali fatti,...

  • Diritto

    DIRITTO

    I) Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:

    1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 della L. 30.12.2010 n° 240, dell'art. 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n° 3, e dell'art. 33 dello Statuto d'Ateneo, e del Regio Decreto 31 agosto 1933 n° 1592. Eccesso di potere per intervenuta decadenza: il provvedimento sanzionatorio impugnato sarebbe illegittimo, essendo precedentemente intervenuta la decadenza della potestà di procedere in via disciplinare. L'art. 10 della Legge 30 dicembre 2010 n° 240 prevede infatti che il Rettore svolga e concluda la sua istruttoria preliminare entro 30 giorni dalla notizia del fatto. Nel caso di specie la conoscenza del fatto risalirebbe ad epoca precedente il 23 luglio 2014, data nella quale il Rettore avrebbe ipotizzato il fatto stesso, nonché ha proposto denuncia al Pubblico Ministero. La decadenza dall'azione disciplinare si sarebbe realizzata dal 22 agosto 2014. Anche volendo considerare l'attività del Comitato Etico come equipollente all'attività consentita al solo Rettore ex art. 10 L. 240/2010 sarebbe comunque decorso il termine di 30 giorni fissato per l'istruttoria preliminare, avendo il Comitato stesso impiegato parecchi mesi per lo svolgimento della sua attività.

    E anche volendo illegittimamente ipotizzare che il resoconto del Comitato sia qualificabile come notizia del fatto, anche in tale ipotesi sarebbero comunque già decorsi i termini di decadenza.

    La conclusione dei lavori con il formale parere è del 21 gennaio 2015 mentre la nota rettorale è del 25 febbraio 2015, ovvero dopo 35 giorni dalla formale pubblicazione del provvedimento finale.

    In ogni caso, ove si ritenesse che l'attività del Comitato Etico fosse un'istruttoria preliminare di cui all'obbligo ex art. 10 L. 240/2010, la potestà disciplinare sarebbe già stata oggetto di decadenza per effetto della disposizione di cui all'art. 120...

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