Il caso
Il contenzioso riguarda un licenziamento illegittimo di un dipendente di una nota Banca, il quale, in distacco presso la società di Leasing del gruppo, ebbe a vedersi comunicata prima la soppressione del posto di responsabile commerciale e poi la cessazione del distacco, con conseguente licenziamento per impossibilità di ricollocamento presso l'originario Istituto di credito.
Poco prima del licenziamento, il dipendente si trovava in malattia. Sul rilievo che la malattia avesse sospeso il preavviso, più lungo comunque di ulteriori sei mesi in base all'art. 28 del c.c.n.l. del credito, e che il licenziamento fosse illegittimo, ben potendo il lavoratore essere collocato in altra posizione, distaccato o essere assegnato a mansioni inferiori, l'ex dipendente chiese in giudizio il trattamento di malattia comprensivo del rateo di tredicesima, l'integrazione dell'indennità sostitutiva del preavviso e la declaratoria di illegittimità del licenziamento con condanna della Banca convenuta al pagamento dell'indennità supplementare e integrazione del T.f.r., oltre alla somma destinata al Fondo pensione del gruppo.
Il Giudice di legittimità, sul motivo di ricorso proposto dal dipendente e riferito all'assenza di prova da parte del datore di lavoro dell'impossibilità di ricollocare il lavoratore presso la distaccante, si concentra sull'eventuale obbligo di “repêchage” per i dirigenti, respingendo le tesi del prestatore di lavoro. Sul ricorso incidentale della Banca, la Corte di Cassazione respinge il primo motivo sulla durata di soli sei mesi del preavviso e accoglie, per quello che qui interessa, il motivo per cui l'indennità di mancato preavviso non possa essere considerata base di calcolo del T.f.r.
La questione
La sentenza della Corte di Cassazione in commento offre molteplici...
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