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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. Con sentenza n. 158 del 2018 il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli respingeva l'opposizione proposta da C.A.M. avverso l'ordinanza, pronunciata nell'ambito della fase sommaria del procedimento ex lege n. 92 del 2012, con cui era stata rigettata l'impugnativa del licenziamento per giustificato motivo soggettivo a lei inflitto il 17 marzo 2015 dalla datrice di lavoro Poste Italiane Spa.

    A sostegno della decisione il giudice rilevava che alla dipendente, direttrice dell'ufficio postale di (OMISSIS), erano stati contestati due addebiti: "l'aver autorizzato le operazioni di prelievo specificamente elencate nella contestazione del 9.2.2015, senza svolgere la prevista segnalazione extra Gianos, nonostante la presenza di evidenti indici di anomalia per la rilevazione di operazioni sospette in materia di procedura antiriciclaggio; b) l'aver autorizzato operazioni di prelievo di importo pari o superiore ad Euro 20.000,00 senza richiedere la preventiva autorizzazione al TSC di (OMISSIS)".

    Il giudice escludeva la configurabilità di tale ultimo addebito, mentre ravvisava la sussistenza del primo fatto contestato.

    Avverso tale sentenza di primo grado proponevano reclamo in via principale la C. ed in via incidentale la società in merito al secondo addebito negato dal Tribunale.

    2. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza pubblicata in data 2 maggio 2018, in riforma della pronuncia di primo grado ed in accoglimento del reclamo incidentale di Poste Italiane Spa, ha dichiarato "la legittimità del licenziamento per le causali di cui in motivazione".

    In estrema sintesi, la Corte territoriale ha escluso la tardività della contestazione disciplinare ed ha ritenuto provati entrambi gli addebiti; dal punto di vista della proporzionalità della sanzione, pur escludendo la ricorrenza dell'ipotesi prevista dall'art. 54, comma 5, lett. c) del CCNL applicabile, ha tuttavia...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia: "nullità della sentenza per travisamento degli atti processuali nonchè e comunque per violazione e/o errata e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 2118 e 2697 c.p.c., nonchè ancora deLLA L. n. 604 del 1966, artt. 1,3 e 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè n. 4, nonchè se del caso n. 5".

    Si lamenta che la Corte napoletana avrebbe fondato il suo convincimento facendo "espresso e rilevante riferimento ad una prova testimoniale ovvero per informatori" in realtà mai acquisita.

    La censura è inammissibile perchè contiene promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, nonchè di ipotetici vizi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, senza adeguata specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dell'art. 360 c.p.c., comma 1, così non consentendo una adeguata identificazione del devolutum e dando luogo all'impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, "di censure caratterizzate da... irredimibile eterogeneità" (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016; tra le più recenti v. Cass. n. 3141 del 2019, Cass. n. 13657 del 2019; Cass. n. 18558 del 2019; Cass. n. 18560 del 2019).

    Inammissibile anche perchè non corrisponde al vero che il convincimento espresso dalla Corte di Appello si sia fondato esclusivamente sulle informazioni di taluni dipendenti cui si riferisce parte ricorrente, peraltro che la stessa Corte indica come rese "agli ispettori della società", bensì sulla valutazione di un complesso quadro probatorio, nell'ambito del quale hanno assunto rilievo anche "le dichiarazioni rese dalla C. in sede di indagine interna e in sede di...

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