1. La Corte d'Appello di L'Aquila ha parzialmente accolto il reclamo proposto nelle forme della c.d. Legge Fornero avverso la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva a propria volta accolto l'impugnativa del licenziamento disciplinare irrogato nei confronti di R.A. da Equitalia Centro s.p.a., nei cui rapporti giuridici era poi subentrata l'Agenzia delle Entrate - Riscossione,.
Premesso che ad Equitalia faceva carico il rimborso di parte degli interessi sul mutuo contratto da proprio dipendente, il licenziamento era stato irrogato perchè il R. aveva trasmesso al datore di lavoro un'attestazione falsificata per quanto riguardava gli interessi pagati nel 2014 e per avere poi egli omesso, nonostante la richiesta di una nuova trasmissione, di comunicare la predetta certificazione, in luogo della quale era stata consegnata l'attestazione inerente l'anno 2013.
Il Tribunale, nel dichiarare illegittimo il licenziamento, aveva applicato la tutela di cui all'art. 18, comma 4, ovverosia la reintegrazione con indennità, mentre la Corte d'Appello ha applicato la tutela soltanto indennitaria di cui al comma 5.
2. La Corte riteneva che il secondo fatto contestato (trasmissione dello certificazione del 2013 in luogo di quella del 2014) non avesse rilievo disciplinare, in quanto si poteva essere trattato di un mero errore, cui non a caso aveva fatto seguito, dopo poco tempo, la trasmissione di quanto richiesto. D'altra parte, secondo la Corte, le giustificazioni addotte dal R. rispetto al primo rilievo disciplinare, ovverosia alla trasmissione di una copia falsificata, erano inverosimili, sicchè il fatto era da ritenere sussistente. Tuttavia, pur ravvisando, così come il primo giudice, la sproporzione tra il fatto commesso e la sanzione applicata, la Corte distrettuale rilevava come per tale fatto la contrattazione collettiva non prevedeva la sanzione conservativa, sicchè l'illegittimità trovava...
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione (art. 360 c.p.c., n. 4) dell'art. 132 c.p.c. per avere la Corte territoriale assunto una motivazione confusa e soltanto apparente per quanto riguarda la censura di nullità del licenziamento per carattere fraudolento dello stesso.
Il secondo motivo critica la sentenza impugnata per violazione (art. 360 c.p.c., n. 4) dell'art. 24 Cost. e dell'art. 112 c.p.c., con riguardo ancora alla dedotta nullità del licenziamento e con esso il ricorrente allega di avere affermato e dedotto a prova elementi idonei a dimostrare che il datore di lavoro aveva proceduto al recesso non per le ragioni formalmente enunciate, ma per altre, consistenti nel fatto che gli interessi corrisposti sarebbero stati incamerati dal lavoratore, senza pagare il mutuo, sicchè la contestazione di due altri e diversi fatti aveva il fine di eludere le garanzie formali e procedimentali del potere di recesso, così integrandosi le cause di nullità della frode alla legge o del motivo illecito determinante.
Il terzo motivo denuncia ancora la violazione (art. 360 c.p.c., n. 4) delle medesime norme, per non avere la Corte territoriale valutato la diligenza del R. e le circostanze addotte per dimostrare la sua incolpevolezza rispetto ai fatti addebitati.
2. I motivi, stante la comune radice processuale, possono essere esaminati in un unico contesto.
2.1 L'apparenza della motivazione che, potendosi parificare alla motivazione inesistente, ne consente la censura ai sensi dell'art. 132 c.p.c., n. 4 si verifica nel caso in cui essa "benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le pii: varie,...
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