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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    RILEVATO IN FATTO

    CHE:

    1. la Corte d'Appello di Milano, con sentenza pubblicata settembre 2014, ha rigettato l'appello di M.M. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto da Metro Italia Cash and Carry s.p.a. in opposizione al decreto ingiuntivo con cui era stato ingiunto alla società il pagamento della somma di Euro 89.350,00 a titolo di integrazione del TFR a seguito di transazione;

    2. la Corte di merito ha ritenuto che "l'affermazione del carattere generale e novativo della transazione trovi (...) precisazione e chiarimento nella espressa rinuncia (...) (oltre al TFR - espressione comunque infelice dato che lo stesso rimaneva pacificamente esigibile) all'incidenza sugli istituti legali e contrattuali di tutte le voci retributive espressamente indicate ivi inclusi rimborsi spese, bonus, stock options, fringe benefits"; inoltre, ha argomentato che "tale rinuncia non è in contraddizione con l'affermazione che il corrispettivo della transazione verrà corrisposto in aggiunta alle competenze di fine rapporto per legge e contrattualmente dovute, trattandosi di una rinuncia espressa, nell'ambito di una conciliazione sindacale (...) a parti variabili della retribuzione in ordine alle quali è notorio possa sorgere contenzioso circa la computabilità nella base di calcolo del TFR"; tale interpretazione non contrasta, ad avviso della Corte territoriale, "con la riserva dell'appellante di verifica dell'esattezza dei conteggi relativi delle competenze contrattuali di fine rapporto, riserva che sicuramente lascia aperte possibili successive contestazioni, ma che, a fronte delle espresse rinunce contenute nella transazione medesima, non può che riferirsi ai conteggi del TFR, vale a dire all'esattezza contabile, per le voci non oggetto di espressa rinuncia, e quindi ad esempio per errori di calcolo o di coefficienti con riferimento alle voci retributive non in contestazione";

    3. in ordine al...

  • Diritto

    CONSIDERATO IN DIRITTO

    CHE:

    1. i motivi di ricorso possono, come di seguito, essere sintetizzati:

    1.1 il primo motivo denuncia "omessa disamina di fatti decisivi ai fini del giudizio, violazione e falsa applicazione degli artt. 1965,1362,1363 e 1364 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"; a dire del ricorrente, per quel che concerne l'incidenza del TFR sulla retribuzione variabile, "la Corte d'Appello ha erroneamente applicato le norme di legge sull'interpretazione dei contratti, allorchè ha fondato le sue motivazioni solo su una lettura (peraltro erronea) del testo negoziale"; in particolare, il ricorrente si duole del fatto che "il Collegio ha fondato le proprie argomentazioni sul presupposto, assolutamente destituito di fondamento, che il Dott. M., con la sottoscrizione del verbale di conciliazione, avesse deliberatamente e scientemente inteso rinunciare all'incidenza della retribuzione variabile percepita sul TFR", dunque, senza tener conto della volontà negoziale del lavoratore in senso abdicativo; difatti, sostiene il ricorrente, "sia l'elemento della consapevolezza che della determinazione volontaristica (...) non emergono in alcun modo dal testo del verbale sottoscritto dalla parti in sede sindacale";

    1.2 il secondo motivo contesta "violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1325 c.c., e art. 2120 c.c., e L. n. 297 del 1982, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3"; il ricorrente si duole del fatto che "la Corte d'Appello di Milano è altresì incorsa in una violazione degli artt. 1418 e 1325 c.c., e dell'art. 2120 c.c., nonchè della L. n. 297 del 1982, allorchè ha ritenuto valida l'asserita rinunzia/transazione sul rilievo che il diritto del lavoratore al TFR maturerebbe in corso di rapporto e non alla cessazione dello stesso"; precisamente, il ricorrente sostiene che "la rinuncia al TFR da parte del lavoratore manifestata antecedentemente all'effettiva cessazione del...

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