ATTENZIONE: stai consultando la versione GRATUITA della Bancadati. Per accedere alla versione completa abbonati subito

Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. Con sentenza n. 3891/2017, pubblicata il 20 luglio 2017, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado (che aveva ritenuto il recesso datoriale viziato da motivo illecito determinante), escludeva che il licenziamento intimato da Viv Decorai Roma S.r.l. ad S.A. in data 30/6/2014 potesse considerarsi assistito da un giustificato motivo oggettivo, osservando come il reparto, cui la medesima era addetta alla data del provvedimento, fosse stato bensì soppresso in conseguenza di un riassetto organizzativo e produttivo che ne aveva previsto la "esternalizzazione", ma la lavoratrice vi fosse stata collocata, proveniente da altro reparto, in esubero rispetto all'ordinario livello occupazionale: ciò che determinava l'insussistenza di un effettivo collegamento tra il riassetto e la soppressione del posto di lavoro e, con essa, stante l'evidente arbitrio ravvisabile nella condotta datoriale, la manifesta insussistenza del fatto integrante il dedotto giustificato motivo oggettivo, con conseguente applicazione della tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, comma 4.

    2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con unico motivo, cui ha resistito la lavoratrice con controricorso.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con l'unico motivo proposto, deducendo la violazione o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18 la società datrice di lavoro censura la sentenza impugnata per non avere considerato che la manifesta insussistenza del fatto - quale presupposto legittimante la tutela reintegratoria ai sensi del comma 4 della legge - ricorre nella sola ipotesi di inesistenza del fatto materiale addotto a sostegno del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e che, nella diversa ipotesi in cui tale fatto materiale invece sussista (come nel caso di specie, nel quale risulta incontestata la natura effettiva, e non apparente, del processo di "esternalizzazione" del reparto cui la lavoratrice era addetta al tempo del recesso), la tutela applicabile è unicamente quella indennitaria prevista dal comma 5.

    2. Il motivo è infondato.

    3. L'art. 18, così come modificato dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, dispone (comma 7) che il giudice applichi la disciplina di cui al comma 4, e cioè la più forte e incisiva tutela costituita dalla condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro in precedenza occupato e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del recesso sino a quello della effettiva reintegrazione, entro il limite delle dodici mensilità, "nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo"; e che applichi, invece, la disciplina di cui al comma 5, e cioè la condanna del datore di lavoro al solo pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, "nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo".

    4. In sostanza, il nuovo regime sanzionatorio introdotto...

please wait

Caricamento in corso...

please wait

Caricamento in corso...