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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 1980/2017, riformando la pronuncia del locale Tribunale, ha accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico intercorso tra D.V.P., addetta in servizio da Madrid, e l'Agenzia Nazionale Stampa Associata Soc. coop. (ANSA); quindi, annullato il licenziamento intimato da ANSA, il giudice di secondo grado ha condannato la medesima a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro ed al pagamento di dodici mensilità a titolo di indennità risarcitoria.

    La Corte territoriale affermava che i motivi di addotti nella lettera di recesso e consistenti nel venir meno della necessità di collaborazioni esterne e nel dissenso tra le parti rispetto alla qualificazione (autonoma o subordinata) del rapporto, fossero da considerare di per sè superati dalla qualificazione giudiziale del rapporto di lavoro come di natura subordinata, aggiungendo che, d'altronde, ANSA non aveva provato, producendo la relativa Convenzione con il Ministero degli Affari Esteri, che fosse venuta meno, come dedotto nelle difese giudiziali, la necessità, in aggiunta ad un giornalista-redattore, anche di una collaboratrice fissa, quale doveva qualificarsi la D.V., presso l'ufficio di Madrid, senza contare che l'avvenuta ricostituzione di un ufficio di corrispondenza in concomitanza con il licenziamento della predetta induceva ad ulteriormente dubitare della genuinità delle argomentazioni addotte.

    La Corte riteneva poi che la D.V. fosse da inquadrare come collaboratore fisso ex art. 2 C.C.N.L.G. e non come giornalista redattore esterno o corrispondente, come dalla stessa rivendicato e quindi, tenuto conto che contemporaneamente la lavoratrice prestava collaborazione per la testata (OMISSIS), calcolava l'indennizzo risarcitorio in misura pari, per ciascuna mensilità, al 60% della retribuzione spettante al redattore ordinario.

    2. Avverso tale sentenza ANSA ha...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo di ricorso ANSA adduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 1, conv., con mod. in L. n. 221 del 2012, per essersi ritenuto idoneo ad introdurre il giudizio di opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51, avverso l'ordinanza emessa ai sensi del precedente comma 49, un ricorso redatto in forma cartacea, mentre, trattandosi di ulteriore fase di un unico processo di primo grado, ai sensi dell'art. 16-bis, cit., il ricorso doveva essere depositato "esclusivamente" in forma telematica, sicchè, stante l'invalidità dell'opposizione, si doveva avere per consolidata l'originaria ordinanza di reiezione delle pretese della D.V..

    1.1 Il motivo è infondato.

    Costituisce dato acquisito alla giurisprudenza di questa Corte, quello per cui "nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase, a cognizione piena, che della precedente costituisce una prosecuzione" (Cass. 21 novembre 2017, n. 27655, analogamente, v. Cass. 6 settembre 2018, n. 21720; Cass. 30 settembre 2016, n. 19552).

    Il D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 1, conv., con mod. in L. n. 221 del 2012, su cui fa leva il motivo in esame, stabilisce che "a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche".

    Si tratta dunque di stabilire se il ricorrente che dia impulso alla seconda fase del giudizio di primo grado in questione, attraverso l'opposizione nei riguardi dell'ordinanza che ha chiuso la fase sommaria presso il medesimo giudice, sia da considerare o...

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