1. Con ricorso al Tribunale di Roma del 18.4.2015, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 47, L.W. impugnava il licenziamento intimatogli con lettera del 27.10.2014 dalla Mercedes Benz Italia spa per giustificato motivo oggettivo (consistente nella soppressione della posizione lavorativa) chiedendone la declaratoria di nullità o, in subordine, la manifesta ingiustificatezza, con ogni conseguenza in tema di tutela reale e risarcimento dei danni patiti.
2. Con ordinanza del 14.7.2015 l'adito giudice rigettava la domanda.
3. Con sentenza n. 4886/2016, in parziale accoglimento dell'opposizione proposta dal L., il Tribunale di Roma dichiarava la illegittimità del licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo e, rigettando la richiesta di reintegrazione, condannava la Mercedes Benz Italia al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata in misura pari a 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
4. La Corte di appello di Roma, con la pronuncia n. 5586/2016, confermava la gravata sentenza.
5. A fondamento del decisum i giudici di seconde cure rilevavano che: 1) risultando provata la operata soppressione del posto di lavoro, non si configurava l'ipotesi di evidente mancanza di giustificazione, sebbene la situazione economico-produttiva aziendale, al momento del licenziamento, era in lieve miglioramento rispetto al 2013, di talchè andava applicata la disciplina della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5; 2) sulla base delle risultanze istruttorie non era stata dimostrata la natura ritorsiva del licenziamento; 3) il recesso del L. non era riconducibile al motivo della risoluzione del personale per la quale era stata attivata la procedura di mobilità, in quanto intervenuto ad una distanza di un anno circa; 4) restava assorbito il profilo della mancata prova della impossibilità di ripescaggio, atteso che l'eventuale accertamento della violazione...
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente deduce l'error in iudicando ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 604 del 1966, art. 3 e art. 12 preleggi, per avere errato la Corte di merito nell'individuazione del concetto di manifesta insussistenza del giustificato motivo oggettivo: invero, da un lato, aveva ritenuto insussistenti le ragioni economiche e produttive poste a fondamento del licenziamento e, dall'altro, aveva comunque considerato che il complessivo giustificato motivo addotto dalla società non potesse ritenersi come manifestamente insussistente attesa la effettiva soppressione del posto di lavoro. Obietta che l'indagine sul giustificato motivo oggettivo avrebbe dovuto avere come oggetto non la mera soppressione del posto di lavoro, bensì la sussistenza e legittimità della necessità economiche e organizzative addotte, come poteva evincersi nella lettera di intimazione del recesso.
3. Con il secondo motivo si censura l'error in iudicando ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 7, nonchè l'error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4 e la nullità per assoluta insussistenza di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per avere errato la Corte territoriale, senza peraltro addurre alcuna motivazione" nel ritenere che, qualora nel giustificato motivo oggettivo rientrasse anche la soppressione del posto di lavoro, tuttavia questa non poteva essere l'unica componente di esso ma andavano considerate, unitariamente e necessariamente, anche il concorrente ed indispensabile elemento delle ragioni economiche addotte, nella fattispecie, manifestamente insussistenti.
4. Con il terzo motivo il L. si duole dell'error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè l'omesso esame circa un fatto decisivo per il...
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