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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    RILEVATO

    1. che la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato Bennet s.p.a. al pagamento in favore di G.P. della somma di Euro 9.889,64, oltre accessori, a titolo di compenso del cd. tempo divisa; ha confermato il rigetto delle ulteriori domande con le quali il lavoratore aveva chiesto la condanna della società al pagamento del compenso relativo al tempo occorrente per recarsi dall'orologio marcatempo alla postazione di lavoro e viceversa, di somme collegate alla fruizione, oltre il sesto giorno, del riposo settimanale, di somme a titolo di risarcimento del danno da demansionamento e "mobbing"; ha confermato il rigetto della domanda riconvenzionale con la quale la società aveva chiesto la condanna del G. al risarcimento del danno per la condotta asseritamente diffamatoria tenuta dal dipendente; ha compensato le spese di lite.

    1.1. che, per quel che ancora rileva, la conferma della statuizione di rigetto della domanda relativa al tempo impiegato per recarsi dall'orologio marcatempo alla postazione di lavoro, all'inizio del turno e viceversa, è stata fondata sulla considerazione che la prova orale aveva escluso il carattere obbligatorio di tale anticipazione la quale, pertanto, andava ricondotta al concetto di diligenza preparatoria all'adempimento della obbligazione principale, conseguendone la esclusione del diritto a un corrispettivo economico; la conferma della statuizione di rigetto della domanda connessa alla prestazione lavorativa effettuata oltre il sesto giorno, è stata fondata sulla considerazione che per l'attività prestata nel giorno di domenica il G. aveva percepito, in conformità del contratto collettivo, le relative maggiorazioni e goduto del prescritto riposo compensativo, di talchè, al fine del riconoscimento della pretesa avanzata a riguardo, occorreva la dimostrazione - in concreto non offerta - che l'articolazione dei riposi aveva determinato un danno...

  • Diritto

    CONSIDERATO

    1. che con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 36 Cost., e dell'art. 1374 c.c., nonchè della contrattazione collettiva applicabile, censurando la sentenza impugnata per avere respinto la pretesa connessa al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo.

    Premesso di non avere fruito, per il lavoro oltre il sesto giorno continuativo attestato dalla richiamata documentazione INAIL, di alcuna ulteriore attribuzione oltre al riposo compensativo ed alla maggiorazione per lavoro domenicale, maggiorazione concettualmente distinta da quella destinata a remunerare l'attività prestata oltre il sesto giorno, assume che, per come pacifico, la contrattazione collettiva applicabile aveva previsto una maggiorazione del 30% della paga oraria per il solo lavoro domenicale ma non specifiche forme di remunerazione del lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo; in questa prospettiva deduce che, ai sensi dell'art. 36 Cost., e dell'art. 1374 c.c., doveva essergli riconosciuto un ulteriore compenso a tale titolo; assume, inoltre, che al di là della qualificazione del compenso quale retribuzione piuttosto che come indennizzo/risarcimento del danno da usura psico - fisica, la prova del pregiudizio sofferto sussisteva in re ipsa per il solo fatto della fruizione del riposo oltre il sesto giorno consecutivo di lavoro;

    2. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 1, comma 2, lett. a), dell'art. 2099 c.c., e dell'art. 36 Cost., censurando il rigetto della domanda di condanna di controparte al pagamento, quale tempo lavoro, del tempo decorrente dalla timbratura del cartellino fino al raggiungimento della postazione di lavoro ad inizio del turno. Critica la sentenza impugnata per non avere considerato il carattere obbligatorio, alla stregua della prova orale, della timbratura del cartellino...

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