RILEVATO CHE:
1. il Tribunale di Biella, pronunciando in merito al recesso intimato da Poste Italiane S.p.A. a C.V., annullava il licenziamento, perchè privo di giusta causa, ed applicava la tutela di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 4;
2. la Corte di appello di Torino, in parziale accoglimento del reclamo, riduceva l'indennità risarcitoria, dovuta da Poste Italiane S.p.A., di Euro 6.000,00, per aliunde percipiendum, e condannava la lavoratrice a restituire quanto ricevuto in eccedenza;
3. per la cassazione della sentenza Poste Italiane S.p.A. (di seguito, per brevità Poste) ha proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi:
3.1 con il primo motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3); assume che la sentenza fonda il convincimento su una ricostruzione dei fatti lacunosa ed attribuisce alla parte datoriale un onere probatorio che non le competeva; lamenta, in particolare, che la Corte di appello non avrebbe dato ingresso alla richiesta di audizione degli ispettori della Guardia di Finanza, dell'INPS, dell'INAIL e della Direzione del Lavoro; la sentenza avrebbe, inoltre, erroneamente valutato la prova documentale;
3.2. con il secondo motivo (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 cod.proc.civ.), deduce violazione degli artt. 2104,2106,2119 c.c. nonchè dell'art. 54, punto 6, lett. c) e k) CCNL 14.4.2011; assume che, pur avendo la sentenza impugnata riconosciuto l'esistenza di un inadempimento (sia pure limitatamente alle giornate del 12 e 13 settembre 2013), ometteva di valutarne la gravità, ai sensi dell'art. 2119 c.c. la Corte di appello tralasciava di considerare che, poichè la lettera di contestazione riportava le diverse giornate di assenza da considerarsi "sia congiuntamente che disgiuntamente", l'accertamento dello svolgimento di una...
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo è da respingere;
una questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d'ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (ex plurimis, Cass. nr. 27000 del 2016);
analogamente, una questione di violazione dell'art. 2697 c.c. può porsi nelle sole fattispecie in cui il giudice del merito, in applicazione della regola di giudizio basata sull'onere della prova, abbia individuato erroneamente la parte onerata della prova;
nella specie, non ricorre alcuna delle ipotesi sopra individuate, incorrendo parte ricorrente nell'equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale o sostanziale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall'erronea valutazione del materiale istruttorio e dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso ai mezzi istruttori richiesti;
i motivi secondo e terzo, da trattarsi congiuntamente, sono infondati;
alla lavoratrice è stata contestata la condotta di svolgimento "in periodo di malattia certificata" di "attività lavorativa, a titolo oneroso, presso altro datore di lavoro" in palese contrasto con l'obbligo di " astenersi (...) in periodo di malattia od infortunio, dallo svolgere attività lavorativa ancorchè non remunerata" (art. 52 CCNL 14.4.2011);
la Corte di appello ha accertato la sussistenza dell'inadempimento in relazione a due giorni (e non per tutto il periodo in relazione al...
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