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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    La Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti CUB di Roma e Provincia (FLMUNITI) con atto del 2 - 5 agosto 2013 ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 6319 in data sei luglio / 17 ottobre 2012, con la quale la Corte di Appello di Roma in riforma della impugnata pronuncia rigettava il ricorso in opposizione. Infatti, l'adito giudice del lavoro della capitale con sentenza n. 2679 del 13-02-2007, di seguito ad opposizione a decreto di rigetto L. n. 300 del 1970, ex art. 28, aveva revocato tale decreto, dichiarando inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione ad agire, non sussistendo il carattere nazionale richiesto dalla legge, invece ritenuto dalla Corte capitolina nei riguardi del sindacato appellante alla stregua della prodotta documentazione. Di conseguenza, la gravata pronuncia andava riformata con necessità di esame nel merito della questione posta concernente l'impugnata rifiuto opposto da TELECOM ITALIA in ordine al permesso di assemblea per il tre maggio 2006, poichè indetta soltanto da un singolo componente della RSU (il sig. D.A.R., eletto nelle liste del sindacato FLMUniti).

    La Corte territoriale escludeva, quindi, l'asserito comportamento antisindacale da parte di TELECOM Italia, avuto riguardo alla disciplina in materia dettata dalla L. n. 300 del 1970, artt. 19 e 20, e dagli artt. 4 e 5 dell'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, richiamando ampiamente il principio fissato in proposito da questa Corte con la sentenza n. 2855 del 26 febbraio 2002, ed in consapevole e motivato dissenso rispetto a quanto poi diversamente opinato sulla medesima questione dal successivo arresto giurisprudenziale di cui alla pronuncia di questa stessa Corte n. 1892 del tre dicembre 2004 / primo febbraio 2005.

    Il ricorso per cassazione della suddetta Federazione reca a proprio sostegno varie argomentazioni, compendiate in due motivi, identici nella loro...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    La ricorrente ha lamentato che la Corte d'Appello abbia deciso la controversia unicamente sulla base di una pronuncia della Cassazione del 2002 e ritenuto di non considerare la successiva pronuncia della stessa Corte risalente all'anno 2005, poichè quest'ultima nulla avrebbe argomentato sulle motivazioni della prima, laddove era stato invece ampiamente affrontato e motivato il superamento della precedente decisione. E' stata, quindi, denunciata la violazione del principio di diritto affermato da questa Corte con la sentenza n. 1892 del 2005, secondo cui l'assemblea sul posto di lavoro può essere indetta da un singolo componente RSU, in violazione altresì dell'accordo interconfederale 20 dicembre 1993, erroneamente interpretato agli artt. 4 e 5, unitamente all'articolo 20 dello Statuto dei lavoratori, avendo la Corte capitolina ritenuto che le anzidette norme prevedono che l'assemblea sul posto di lavoro a debba essere necessariamente indetta da tutte le rappresentanze sindacali aziendali e quindi da tutte le RSU congiuntamente, mentre dal tenore letterale e sistematico di tali norme si evince chiaramente che le assemblee possono essere indette "singolarmente o congiuntamente". Subordinare l'indizione dell'assemblea alla richiesta congiunta di tutti i componenti del collegio RSU richiede l'uniformità e l'omogeneità dei soggetti sindacali per loro natura e costituzione diversi, se non contrapposti, con l'ovvio risultato di disaccordo tra loro; ciò che ostacola e limita la possibilità di riunione dei lavoratori. La ritenuta necessità di indizione dell'assemblea da parte di tutti i componenti della RSU, congiuntamente nel suo complesso, si poneva in contrasto, violandoli, con il pluralismo sindacale, nonchè con la libertà di azione sindacale, tutelati dalla Carta costituzionale. L'interpretazione fornita dalla Corte territoriale risultava, altresì, in contrasto con le norme e con i principi costituzionali e di legge in...

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