La Corte d'Appello di Palermo, in riforma della pronuncia del Tribunale di Termini Imerese, ha annullato l'atto di dimissioni dal servizio di E.P. funzionario dell'Inps, ritenendo che lo stesso avesse agito in condizioni di turbamento psichico tali da impedirgli di autodeterminarsi liberamente e di apprezzare l'importanza dell'atto in relazione alle sue condizioni economiche e ai suoi rapporti familiari e sociali. Ha condannato, pertanto, l'Ente a ripristinare il rapporto di lavoro, reimmettendo in servizio il dipendente in mansioni compatibili col suo stato di salute psico-fisica e a risarcirgli il danno mediante corresponsione della retribuzione a far data dalla notifica del ricorso introduttivo di primo grado.
Avverso tale sentenza interpone ricorso per cassazione l'Inps con una censura, cui resiste con tempestivo controricorso E.P..
1. Nell'unica censura, formulata ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 3 e n. 5, l'Inps contesta "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2094 cod. civ. (Prestatore di lavoro subordinato); violazione e falsa applicazione dell'art. 428 cod. civ., comma 1; violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 cod. civ.. Motivazione contraddittoria e insufficiente su punto decisivo della controversia".
Il ricorrente non contesta la motivazione della sentenza riguardo alla sussunzione della fattispecie nell'ipotesi di cui all'art. 428 c.c., comma 1, ma ritiene che la soluzione prescelta dalla Corte d'Appello, di far retroagire gli effetti della sentenza di annullamento ai fini della corresponsione della retribuzione al momento della domanda giudiziale (dalla notifica del ricorso introduttivo), non si riveli convincente con riguardo alle norme e ai principi che regolano la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Così statuendo, la Corte d'Appello avrebbe erroneamente riconosciuto la sussistenza di una mora credendi per il periodo tra la domanda giudiziale di primo grado e la reimmissione in servizio del dipendente, nonostante, a seguito delle intervenute dimissioni, il rapporto di lavoro fosse estinto.
Neppure la tesi della Corte territoriale sarebbe condivisibile, là dove ha invocato il principio per il quale la durata del processo non deve mai andare a danno della parte risultata vittoriosa, in quanto non ogni effetto pregiudizievole può essere posto a carico della parte soccombente, indipendentemente dal verificarsi dei presupposti perchè ciò possa essere reso possibile, come - in questo caso - la necessaria costituzione in mora del datore di lavoro.
Secondo la difesa dell'Ente, dunque, una volta accertata l'insussistenza della malafede da parte dell'Istituto, ma anche di qualsivoglia responsabilità nella determinazione del dimettersi dell' E., appare chiaro che l'Inps non potesse...
Caricamento in corso...
Caricamento in corso...