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Estremi:
Cassazione penale, 2018,
  • Fatto

    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza in data 26.4.2017 la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale della stessa città che aveva condannato R.F. alla pena di due anni ed otto mesi di reclusione ritenendolo responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per aver detenuto, in concorso con S.M., a fini di spaccio 68,7 grammi lordi di cocaina nonchè un flacone da 20 ml di metadone cloridrato.

    Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..

    2. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'art. 197 bis c.p.p., e art. 192 c.p.p., comma 3 e al vizio motivazionale, la raggiunta certezza probatoria in ordine alla responsabilità dell'imputato da parte della Corte di Appello che ha ritenuto pienamente attendibile il coimputato S.M., giudicato separatamente con applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., e successivamente sentito nel presente giudizio, nonostante la sua versione, che avrebbe richiesto una valutazione particolarmente rigorosa ai sensi dell'art. 192 c.p.p., comma 3 non fosse confermata da altri elementi probatori, contrastando con la deposizione di R.A., padre dell'imputato, che era stata invece giudicata superficialmente. Deduce la difesa che la sentenza impugnata, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, aveva sostenuto che il S. nella conversazione registrata con il padre del R. avesse in quell'occasione affermato a più riprese che la droga fosse in comproprietà con l'imputato, affermazione della quale non vi era, invece, traccia neppure in primo grado.

    3. Con il secondo motivo un unico motivo deduce, in relazione al vizio motivazionale, che la Corte di Appello aveva ritenuto credibile il S....

  • Diritto

    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il primo motivo di ricorso si compendia in una lamentata manifesta illogicità della motivazione resa dai giudici di merito che non avrebbero a detta del ricorrente applicato correttamente le regole della logica pervenendo ad un giudizio di colpevolezza, privo invece di prove a suo carico. Nella sostanza per contro le censure svolte, già proposte con l'atto di appello e motivatamente respinte con la sentenza impugnata, non evidenziano fratture motivazionali od incongruenze logiche della ricostruzione storico-fattuale effettuata dalla Corte distrettuale, risolvendosi per contro in contestazioni che, attenendo al momento valutativo del giudizio, sono volte a sollecitare un non consentito sindacato sull'apprezzamento delle emergenze processuali. Il ricorrente, nel censurare la valutazione effettuata in ordine alla deposizione del teste R.A., padre dell'imputato, e delle dichiarazioni rese dal correo S.M., la cui posizione è stata stralciata dal presente giudizio avendo questi optato per il patteggiamento già definito al momento della sua audizione, prospetta in ultima analisi un apprezzamento alternativo delle fonti di prova, il quale comporta uno scrutinio improponibile in questa sede: esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (ex multis Cass. S.U. n. 6402/97). Va ribadito al riguardo che la Corte di cassazione è giudice della motivazione del provvedimento impugnato e non giudice delle prove acquisite nel corso del procedimento, con la conseguenza che in tanto è configurabile il vizio di motivazione, che risulti dal testo del provvedimento impugnato, o da altri atti del...

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