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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1.1. Con sentenza n. 1298/2015 pubblicata il 26/11/2015, la Corte di appello di L'Aquila, decidendo sul reclamo proposto da C.A., avverso la decisione del Tribunale di Vasto n. 102 del 25/5/2015 (che, nella fase di opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 51 e ss., aveva confermato il rigetto del ricorso L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 48 e ss., proposto dal C. nei confronti della Alliance Healthcare Italia Distribuzione S.p.A., inteso ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento allo stesso intimato in data 29/3/2013 e la reintegra nel posto di lavoro), in riforma della pronuncia del Tribunale, riteneva l'illegittimità del provvedimento espulsivo per sproporzione rispetto ai fatti contestati e per l'effetto condannava la società a corrispondere al lavoratore, a titolo di risarcimento, un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

    1.2. Ad avviso della Corte territoriale, gli elementi forniti dall'appellante a dimostrazione dell'inesistenza del motivo addotto a giustificazione del licenziamento non erano sufficienti per considerare il carattere ritorsivo ovvero discriminatorio del provvedimento espulsivo.

    1.3. Per il resto, quanto ai fatti oggetto della contestazione disciplinare che avevano condotto al licenziamento del C. (consistiti nell'aver il dipendente, in sede di giustificazioni orali in merito ad altra precedente contestazione della società, consegnato una chiavetta USB contenente registrazioni di conversazioni effettuate in orario di lavoro e sul posto di lavoro coinvolgenti altri dipendenti, ad insaputa degli stessi e nell'aver il medesimo provveduto ad ulteriori registrazioni anche video come riportato in sede di segnalazione da parte di colleghi di lavoro che avevano riferito di aver visto il C. continuamente scattare foto, girare video, registrare conversazioni sul posto di lavoro senza alcuna autorizzazione da...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1.1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e/o erronea applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, come novellato dalla L. n. 92 del 2012 (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione al fatto materiale del licenziamento. Lamenta che, pur avendo la Corte territoriale escluso che i comportamenti del C. integrassero una violazione della legge sulla privacy e pur avendo smentito la circostanza di cui alla contestazione disciplinare secondo la quale vi erano state segnalazioni di colleghi di lavoro del predetto che avrebbero riferito di averlo visto continuamente scattare foto, girare video, registrare conversazioni sul posto di lavoro senza alcuna autorizzazione da parte loro, tuttavia, senza trarre le dovute conseguenze con riguardo all'insussistenza del fatto materiale a base del licenziamento, ha applicato la mera tutela risarcitoria ipotizzando una sproporzione del provvedimento espulsivo rispetto ad una mera ipotesi di rilevanza comunque disciplinare del fatto addebitato.

    1.2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Si duole della disposta compensazione delle spese a fronte dell'accoglimento della domanda del lavoratore intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento ed in assenza di soccombenza reciproca.

    2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale la società denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2119 c.c. e dell'art. 115 c.p.c. per omesso esame dell'astratta idoneità del comportamento del lavoratore a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. Lamenta che la Corte territoriale abbia escluso che nella vicenda potesse configurarsi la giusta causa di licenziamento sulla base della ritenuta insussistenza della gravissima violazione della legge sulla privacy indicata dall'azienda nella contestazione di...

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