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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    RILEVATO

    che con sentenza in data 23 settembre 2009, il Tribunale di Livorno, in accoglimento del ricorso proposto da M.L. nei confronti della Cassa di Risparmio di Pisa, Lucca e Livorno S.p.A., ha accertato il diritto del ricorrente all'inquadramento nella categoria dirigenziale a decorrere dall'ottobre 2001 ed al relativo trattamento economico oltre alla regolarizzazione della posizione contributiva, con conseguente condanna della società alla corresponsione delle differenze retributive ed ha ritenuto essersi verificato un evento lesivo per la salute del ricorrente a causa dei comportamenti tenuti dalla resistente, condannando, quindi, la stessa al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale;

    che, con decisione del 24 novembre 2011, la Corte d'Appello di Firenze ha parzialmente riformato la pronunzia di primo grado quanto all'ammontare delle somme ivi ritenute, che ha ridotto, compensando nella misura di 1/3 le spese di lite;

    che avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Banco Popolare Soc. Coop. (avente causa della Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno S.p.A.) affidato a due motivi, al quale ha opposto difese M.L., con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale con due motivi;

    che il PG ha rassegnato conclusioni scritte, insistendo per il rigetto di entrambi i ricorsi.

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che il Banco Popolare ha dedotto omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa la sussistenza dei danni patrimoniali e non patrimoniali, nonchè la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2087,2697 e 1226 cod. civ.;

    che in particolare, parte ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità (segnatamente, Cass. n. 6572 del 2006), in ordine alla inconfigurabilità, in caso di demansionamento e di mobbing, di un danno in re ipsa, non potendo essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in assenza di specifica allegazione e prova del danno subito;

    che, inoltre, secondo parte ricorrente, le condotte pregiudizievoli asseritamente poste in essere nei confronti del dipendente, ulteriori rispetto al demansionamento, sono stata ritenute fondate dalla Corte territoriale in modo apodittico, dovendo, invece, escludesi qualsivoglia violazione dell'art. 2087 c.c.;

    che va premesso che la motivazione addotta dalla Corte territoriale appare perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimità in tema di "straining", atteso che i giudici di merito hanno adeguatamente motivato sulla situazione lavorativa conflittuale di stress forzato - accresciuto dall'allontanamento del M. dalla direzione generale, nonchè dall'invio di lettere di scherno diffuse in banca - in cui il lavoratore avrebbe subito azioni ostili anche se limitate nel numero e in parte distanziate nel tempo (quindi non rientranti, tout court, nei parametri del mobbing) ma tali da provocare in lui una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta ad incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente tutelato, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare situazioni "stressogene" che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto possa presuntivamente ricondurre a questa forma di...

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