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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La società contribuente Industrial Team SRL ricorre per la cassazione della sentenza n. 921/19/16, emessa dalla CTR del Veneto il 13.07.2016 e non notificata, in sede di rinvio a seguito della riassunzione del giudizio conseguente alla sentenza della Cassazione n. 24024/2015.

    La Agenzia delle entrate ed Equitalia Servizi di riscossione SPA (incorporante Equitalia Nord SPA) replicano con separati controricorsi; quello di Equitalia è accompagnato da ricorso incidentale su tre motivi.

    2. La controversia concerne avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IRPEG per gli anni dal 2004 al 2008 ed una conseguente cartella di pagamento.

    L'attività accertativa aveva preso origine dall'arresto di un notaio svizzero nel cui computer erano stati rinvenuti files relativi anche alla società contribuente in ordine alla sottoscrizione di contratti stipulati dalla contribuente con una controparte estera e volti a tenerla indenne da perdite causate "... da fattori esogeni alla gestione aziendale e/o nella azione colpevole di alcuno dei dirigenti", contratti ritenuti simulati dall'Agenzia delle Entrate, secondo la quale buona parte (85%) delle somme pagate alla controparte assuntrice il rischio-perdite era tornata nella disponibilità del legale rappresentante della società contribuente.

    3. La Cassazione con la sent. n. 24024/2015, aveva accolto il ricorso della contribuente, cassando con rinvio.

    Nell'esaminare il ricorso aveva ravvisato la fondatezza: 1) della doglianza attinente al difetto di motivazione della sentenza impugnata, perchè apodittica ed apparente, sul punto relativo al principio di trasparenza sul calcolo degli interessi e dei compensi di riscossione; 2) della doglianza attinente al difetto di motivazione della sentenza impugnata, perchè apodittica, sul punto relativo alla sufficienza della motivazione degli avvisi di accertamento in merito alla ricostruzione del reddito ed al...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1.1. Il ricorso principale, come eccepito dalla controricorrente Agenzia delle entrate ed Equitalia, va dichiarato inammissibile.

    1.2. Osserva la Corte che il ricorso è carente sotto il profilo della esposizione dei fatti, alla luce del dettato dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), atteso che vengono ripercorsi esclusivamente i passaggi processuali che si sono susseguiti tra primo e secondo grado, cassazione e giudizio di rinvio, senza alcun riferimento neppure sommario - ai fatti che hanno originato la controversia ed alle questioni dedotte in giudizio (fol. 2-7 del ricorso principale).

    In particolare: la menzione degli avvisi di accertamento e della cartella impugnata è priva di riferimenti al contento specifico degli stessi; manca del tutto l'esposizione dei motivi di impugnazione svolti in primo grado e delle contestazioni sollevate avverso l'attività amministrativa, nonchè delle ragioni svolte dalle controparti; di conseguenza, il richiamo a quanto dedotto in prime cure, utilizzato per illustrare il contenuto del ricorso d'appello, appare tautologico ed assertivo posto che nulla, nelle pagine precedenti, è stato esposto e/o riprodotto in merito; anche la trascrizione delle conclusioni del ricorso in appello non assolve ad alcuna reale funzione, posto che dal contesto del ricorso non è possibile capire sulla scorta di quali concrete deduzioni e contestazioni sia stata invocata la pronuncia di nullità e/o di annullamento del pvc, degli avvisi di accertamento e della cartella; lo stesso discorso vale per gli atti del ricorso per cassazione e del giudizio in riassunzione e per le difese delle controparti, nemmeno esposte sommariamente.

    Orbene, poichè "Il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena d'inammissibilità del ricorso per cassazione, è funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell'atto...

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