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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con sentenza del 26 febbraio 2015, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, confermava la decisione del Tribunale di Reggio Calabria ed accoglieva la domanda proposta da P.S. nei confronti della Anphora Soc. coop. a r.l., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento da questa intimatole l'8.9.2011 per giustificato motivo oggettivo, dato dal mancato possesso del titolo di Operatrice socio-sanitaria e la condanna della Società al pagamento delle retribuzioni per il periodo ottobre 2010/settembre 2011 allorchè veniva licenziata.

    La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto il licenziamento ingiustificato, per non aver la Società provato, non provvedendo alla produzione neppure tardiva della relativa documentazione e non avendo titolo ad avvalersi, a tali fini, dei poteri istruttori d'ufficio del giudice, il possesso del titolo o la presentazione della domanda di partecipazione ai relativi corsi da parte degli altri dipendenti che la lavoratrice licenziata aveva indicato come assunti anteriormente all'emanazione del Decreto Regionale 13 settembre 2009, n. 13 che prevedeva come necessario per lo svolgimento dell'attività di assistenza agli anziani il titolo di OSS e, come lei, non in possesso del titolo in questione, così smentendo l'invocata impossibilità del mantenimento in servizio dei dipendenti che versavano in quella condizione, nonchè infondata l'eccezione di pagamento a seguito di precedente procedura monitoria e relativa esecuzione delle retribuzioni rivendicate.

    Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l'impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la P..

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in una con la violazione e falsa applicazione del regolamento della Regione Calabria del 13.9.2009, imputa alla Corte territoriale di non aver tenuto presente il dato normativo emergente dal regolamento regionale per cui presupposto della permanenza in servizio, in difetto del possesso del titolo, era esclusivamente la presentazione della domanda di partecipazione ai relativi corsi, cui la lavoratrice non aveva provveduto.

    Il vizio della motivazione e della violazione e falsa applicazione dell'art. 421 c.p.c. è prospettato nel secondo motivo in relazione, da un lato, al rilievo decisivo attribuito dalla Corte territoriale alla mancata produzione da parte della Società della documentazione attestante il possesso, da parte degli altri dipendenti indicati dalla lavoratrice licenziata come privi del titolo professionale, almeno del requisito minimo della presentazione della domanda di partecipazione ai relativi corsi previsto dal regolamento regionale per la permanenza in servizio e, dall'altro, alla mancata acquisizione della documentazione stessa d'iniziativa della Corte medesima, attraverso il ricorso ai propri poteri istruttori d'ufficio. Con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., la Società ricorrente imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sulla ripartizione dell'onere della prova, essendosi vista illegittimamente onerata della prova del possesso del predetto requisito minimo in capo ai dipendenti indicati come privi del titolo professionale, quando, viceversa, era la lavoratrice tenuta alla prova del possesso da parte sua di quel requisito, da riguardarsi quale unico dato idoneo ad escludere la ricorrenza dell'invocato giustificato motivo di recesso.

    I tre motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui...

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