Con sentenza 27 novembre 2012, la Corte d'appello di Venezia rigettava l'appello principale di R.B., F., M. e M.P. (congiunti del de cuius M.G., dipendente dal 1943 al 1983 della s.p.a. Cantiere Navale Breda, poi incorporata in Fincantieri s.p.a. e deceduto per mesotelioma pleurico dipendente da polveri di amianto inalate a causa del rapporto di lavoro) e quello incidentale della società datrice avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva riconosciuto la responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c., e l'aveva condannata al pagamento, in loro favore a titolo risarcitorio iure hereditatis, della somma di Euro 69.105,00 oltre interessi.
A motivo della decisione, la Corte ribadiva, con ampia e critica illustrazione, la responsabilità datoriale per la mancata adozione delle misure protettive all'epoca esigibili a norma del D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 21 e 4, e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 387; e così pure la corretta applicabilità al caso di specie del D.Lgs. n. 38 del 2000, in vigore dal 9 agosto 2000, per l'avvenuta denuncia della malattia professionale in documentata epoca successiva (3 luglio 2001).
Essa riteneva infondate anche le altre doglianze degli appellanti principali in ordine all'eventuale possibilità di regresso dell'Inail e della mancanza di aggravamento del danno da parte dell'assicurato: senza peraltro censure sui criteri di detrazione e quantificazione dell'importo addottati dal Tribunale, nè parimenti sull'entità della liquidazione del danno biologico, congrua in base alle tabelle previste per l'invalidità temporanea, debitamente aumentate per l'intensità del danno.
Con atto notificato il 22 novembre 2013, R.B., F., M. e M.P. ricorrono per cassazione con tre motivi, cui resiste Fincantieri s.p.a. con controricorso; le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., in vista di...
1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza del criterio tabellare adottato, sia pure adattato (in misura di Euro 280,00 al giorno per i 125 giorni di invalidità al 100% e di Euro 224,00 al giorno per il periodo di inabilità all'80%), per la specificità del danno da "malattia terminale", senza alcun idoneo criterio di personalizzazione, secondo le richiamate indicazioni della giurisprudenza di legittimità.
2. Con il secondo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 1227 c.c. e D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 28, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per arbitraria detrazione di rendita Inail da malattia professionale non erogata (in quanto non richiesta), per un danno erroneamente liquidato sulla base del D.Lgs. n. 38 del 2000 dipendente da malattia professionale (diagnosticata nel giugno 2000 e quindi prima della sua entrata in vigore, ma) erroneamente ritenuta denunciata il 3 luglio 2001, in realtà data della morte del lavoratore e per la quale la vedova ha presentato il 10 febbraio 2003 domanda per il trattamento di rendita di reversibilità.
3. Con il terzo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 1227 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea riduzione del risarcimento del danno liquidato, non avendo il comportamento di M. in alcun modo aggravato l'obbligazione datoriale, avendola anzi resa meno gravosa con la mancata richiesta di rendita Inail (con relativo esercizio di regresso).
4. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., per inadeguatezza dell'adottato criterio tabellare, sia pure adattato, per la specificità del danno da "malattia terminale", senza alcun idoneo criterio di personalizzazione, è infondato.
...Caricamento in corso...
Caricamento in corso...