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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con sentenza n. 1131/15 il Tribunale di Napoli, dichiarato risolto alla data del licenziamento disciplinare (ossia al 27.11.13) il rapporto di lavoro tra ENI S.p.A. e G.A., condannava la prima a pagare al secondo l'indennità di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, (nel testo novellato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1).

    Con sentenza pubblicata il 23.9.15 la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, applicava in favore del lavoratore la tutela reintegratoria di cui al cit. art. 18, comma 4 con pagamento a carico della società di 20 mensilità dell'ultima retribuzione di fatto.

    Per la cassazione della sentenza ricorre ENI S.p.A. affidandosi a sette motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

    L'intimato resiste con controricorso.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1175, 1375 e 2015 cod. civ., in relazione agli artt. 2 e 24 Cost. e agli artt. 594, 595 e 598 cod. pen., per non avere i giudici di merito ravvisato gli estremi della giusta causa di recesso nella condotta del lavoratore, che era stato licenziato per avere arrecato - nel difendersi, mediante lettera del 2.7.13, da una contestazione disciplinare - un ingiusto e grave nocumento all'onore, alla reputazione e all'immagine del suo superiore D.S. (che aveva accusato di svolgere una sorta di guerra personale nei suoi confronti) e della società nel suo complesso, accusando il predetto suo superiore di aver illegittimamente esercitato i propri poteri e di aver dolosamente intrapreso una guerra personale contro di lui; tale lettera di giustificazioni - prosegue il ricorso era stata fatta recapitare dal controricorrente non solo al suo superiore, ma anche all'organismo di vigilanza e ai superiori dello stesso D.S.; inoltre - continua la censura - all'origine della contestazione disciplinare vi era un inesistente stato di malattia del lavoratore, il che escludeva la prova della veridicità delle accuse da lui mosse al proprio superiore; il motivo prosegue con il negare che si sia trattato (contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale) di mero esercizio del diritto di difesa o di critica da parte del lavoratore incolpato in sede disciplinare, esercizio che presuppone pur sempre i requisiti di verità, continenza e pertinenza nelle affermazioni difensive.

    Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, per non aver spiegato la sentenza impugnata se le accuse mosse dal lavoratore al suo superiore avessero rispettato o non il limite della continenza.

    Il terzo motivo denuncia omesso esame d'un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella veridicità o meno dell'accusa secondo cui il...

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