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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTO

    Con sentenza depositata il 16.11.2010, la Corte d'appello di Milano, in riforma della statuizione di primo grado, dichiarava dovuti i contributi (e le relative somme aggiuntive) richiesti dall'INPS per tre lavoratori di Multigraf s.r.l. in relazione al periodo intercorso tra il loro licenziamento e la loro riammissione in servizio a seguito di decreto ex art. 28 St. lav..

    La Corte, per quanto qui rileva, riteneva che, avendo il decreto dichiarato l'antisindacalità del comportamento aziendale obiettivatosi nei tre licenziamenti e disposto conseguentemente la reintegrazione dei lavoratori licenziati, il rapporto di lavoro di questi ultimi doveva considerarsi come non mai interrotto, con consequenziale obbligo dell'azienda di pagare i contributi relativi al periodo in cui i lavoratori medesimi erano stati solo di fatto estromessi dal loro posto di lavoro.

    Contro queste statuizioni ricorre Multigraf s.r.l. in liquidazione, formulando un unico motivo di censura. Resiste l'INPS con controricorso.

  • Diritto

    DIRITTO

    Con l'unico motivo di censura, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto per avere la Corte territoriale ritenuto che, in conseguenza del decreto ex art. 28 St. lav. con cui il Tribunale di Lodi aveva dichiarato, in data 26.1.2006, l'antisindacalità del comportamento aziendale obiettivatosi nel licenziamento di tre lavoratori, disponendone la reintegrazione nel posto di lavoro, dovessero considerarsi dovuti i contributi sulle retribuzioni che avrebbero dovuto essere corrisposte ai lavoratori licenziati dalla data del decreto fino al 4.7.2006, data in cui era avvenuta la reintegra, e ciò indipendentemente dal fatto che gli anzidetti lavoratori non avessero impugnato autonomamente il loro licenziamento e non avessero di fatto percepito alcuna retribuzione nel periodo in questione.

    Premesso sul punto che all'esame del ricorso non osta la circostanza che parte ricorrente non abbia indicato nè nella rubrica del motivo nè nell'esposizione delle ragioni che lo sostengono le disposizioni di legge che si assumono violate, costituendo principio consolidato quello secondo cui codesta indicazione non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell'impugnazione, di talchè la mancata indicazione delle disposizioni di legge in ipotesi violate non comporta l'inammissibilità del gravame, sempre che gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme e i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione delle questioni sollevate (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 4233 del 2012 e 25044 del 2013), reputa il Collegio che la doglianza non sia fondata.

    Questa Corte ha già fissato il...

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