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Estremi:
Cassazione civile, 2016,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 647/2013, ha riformato la sentenza di primo grado e, per l'effetto, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato a I.A. dalla soc. DHL; ha ordinato la reintegra della ricorrente nel posto di lavoro ed ha condannato la società appellata al risarcimento dei danni, compreso quello biologico.

    2. La lavoratrice, che aveva prestato servizio alle dipendenze della DHL per oltre nove anni in qualità di impiegata 3^ livello super adibita a mansioni di Customer Service Agent, si era rifiutata di attendere alle mansioni di front-line, in quanto ritenute non compatibili con le sue condizioni di salute.

    3. La C.t.u. medico-legale espletata in appello - il cui esito era condiviso dalla Corte territoriale - aveva concluso per la prolungata esposizione della I., quale operatrice telefonica, ad un carico vocale di tipo professionale indicativo di surmenage e malmenage, determinante nella comparsa della disfonia, da valutarsi pari ad un grado di invalidità del 6%. Le medesime risultanze medico-legali avevano evidenziato che l'assegnazione della I., al rientro dalla maternità, alle mansioni di front-line per tre ore al giorno doveva considerarsi non compatibile con le condizioni dell'apparato fonatorio leso a causa del pregresso protratto surmenage. Difatti, una volta avvenuta la lesione organica alle corde vocali per effetto di uno stress, una riesposizione anche modesta al medesimo può condurre ad una recrudescenza della patologia.

    4. Di conseguenza, doveva ritenersi privo di giusta causa il licenziamento irrogato per insubordinazione nelle giornate del 31 agosto e del 7 settembre 2009, in quanto il datore di lavoro, pur posto a conoscenza della inidoneità della lavoratrice a svolgere l'attività di front-line, non ne aveva tutelato le condizioni di salute. A fronte della violazione dell'art. 2087 c.c., il...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 115 c.p.c.. La sentenza aveva ascritto una responsabilità alla parte datoriale in assenza di elementi atti a comprovare l'esistenza, alla data del licenziamento, di un danno, della nocività dell'ambiente di lavoro e soprattutto il nesso di causalità tra l'uno e l'altro: il certificato medico del (OMISSIS), prodotto dalla lavoratrice, aveva attestato la remissione della disfonia ed aveva consigliato di evitare abusi vocali.

    1.1. Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 437 c.p.c. per inammissibilità dell'istanza istruttoria ex art. 210 c.p.c. e nullità della c.t.u. basata anche su documentazione non espressamente ammessa dalla Corte di appello.

    1.2. Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 134 c.p.c., comma 1, art. 176 c.p.c., comma 2 e art. 191 c.p.c., comma 1 per omessa motivazione circa l'ammissione della c.t.u.

    1.3. Con il quarto motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 193, 194 e 201 c.p.c. e inutilizzabilità della relazione peritale per assenza di contraddittorio che aveva caratterizzato l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, in particolare proprio all'atto degli esami clinici effettuati sulla persona della I..

    1.4. Il quinto motivo verte su denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2106 e 2119 c.c. per non avere la Corte di appello debitamente considerato che la lavoratrice non avrebbe potuto rendersi totalmente inadempiente sospendendo ogni attività lavorativa a fronte della adibizione per solo tre ore al giorno alla mansioni di front-line.

    2. Il ricorso è infondato.

    3. Il primo e il quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente implicando l'esame di questioni tra loro connesse, sono tutto avulsi dal decisum...

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