1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 17 maggio 2012) accoglie, per quanto di ragione, l'appello proposto da C. I. avverso la sentenza n. 17439/2006 del Tribunale di Napoli e, per l'effetto, in riforma della suindicata sentenza: 1) condanna la TANGENZIALE DI NAPOLI s.p.a. al risarcimento del danno biologico, "che quantifica all'attualità, in complessivi Euro 18.705,00 oltre interessi"; 2) rigetta l'appello incidentale condizionato della società, che condanna al pagamento delle spese legali del doppio grado oltre che delle spese per la CTU disposta in appello.
La Corte d'appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:
a) deve essere, in primo luogo, sottolineato che la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente - risarcimento del danno per infarto del miocardio contratto il 26 febbraio 1993 e per la conseguente patologia cardiaca, a seguito della rapina subita il 16 dicembre 1992 durante l'attività lavorativa - va sussunta nell'ambito della disciplina di cui all'art. 2087 cod. civ.;
b) infatti, il lavoratore, nel formulare tale domanda, ha denunciato l'evento dannoso come ascrivibile alla condotta della datrice di lavoro, che non aveva approntato le "giuste cautele" per preservare l'integrità dei lavoratori addetti all'esazione del pedaggio, facendolo risalire allo stress lavorativo protrattosi nel tempo dopo la rapina;
c) la giurisprudenza di legittimità ha, fra l'altro, evidenziato che il citato art. 2087 cod. civ. - che prevede un generale "dovere di sicurezza" a carico del datore di lavoro - deve essere interpretato in conformità con l'art. 32 Cost. (sulla tutela del diritto alla salute) e con l'art. 41 Cost. (secondo cui l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla ...
1 - Profili preliminari.
1.- Preliminarmente va respinta l'eccezione del controricorrente di inammissibilità delle censure dedotte dalla società ricorrente per "insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia", sull'assunto secondo cui al presente ricorso si applicherebbe ratione temporis il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in base al quale ai sensi della suindicata disposizione si può denunciare l'"omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti" e non più la "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio".
Va, infatti osservato che, come precisato anche da questa Corte, la novella si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012, essa pertanto è inapplicabile nella specie, visto che la sentenza impugnata è stata depositata il 17 maggio 2012 (vedi, per tutte: Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053 e n. 8054 nonchè Cass. 27 maggio 2014, n. 11827).
2.- Deve essere anche respinta l'ulteriore eccezione di inammissibilità avanzata nel controricorso sull'assunto secondo cui il ricorso sarebbe formulato senza la dovuta osservanza dell'art. 366 c.p.c., n. 3, derivante dalla riproduzione in esso dell'intero ricorso di primo grado proposto dal lavoratore.
Va, infatti osservato che la sola riproduzione del ricorso introduttivo del giudizio, oltretutto facilmente individuabile ed isolabile all'interno dell'atto, non determina, nella specie, una situazione in cui l'esposizione dei fatti di causa anzichè essere "sommaria" - cioè sintetica e funzionale alle censure proposte (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. 29 luglio 2014, n. 17178; Cass. 18 settembre 2015, n. 18363) ...
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