Con ricorso al Tribunale di Roma, T.F. conveniva in giudizio la A.S.A.P. (Agenzia per lo Sviluppo delle Amministrazioni Pubbliche) Lazio e la s.p.a. Idea Lavoro, esponendo di aver iniziato a lavorare per la prima con contratto di collaborazione coordinata e continuativa dal 15 luglio 2003 al 30 giugno 2004 e, con contratti di lavoro temporaneo e poi di somministrazione, tramite la s.p.a. Idea Lavoro, dal 2 agosto 2004 al 30 giugno 2005.
Deduceva di aver svolto in realtà lavoro subordinato e concludeva chiedendo nel merito l'accertamento della subordinazione stessa e "per l'effetto dichiarare il diritto del ricorrente all'adeguamento contributivo previdenziale nonchè l'applicazione degli istituti normativi e contrattuali relativi alla sua acclarata posizione lavorativa, con condanna dell'ASAP a provvedervi...".
Le convenute si costituivano chiedendo il rigetto del ricorso. Il Tribunale dichiarava che dal 2 agosto 2004 al 30 giugno 2005 era sussistito tra il T. e la ASAP Lazio un rapporto di lavoro subordinato, condannando quest'ultima a provvedere all'adeguamento dei versamenti contributivi in favore del ricorrente per il periodo suddetto. Il T. proponeva appello articolato su due motivi. Si costituiva la sola A.S.A.P. Lazio, chiedendo il rigetto dell'impugnazione.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 15 dicembre 2001, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava l'ASAP a riammettere in servizio il T., con condanna alle retribuzioni maturate dal luglio 2005 alla data della sentenza di secondo grado, oltre interessi e rivalutazione dalle scadenze al saldo. Compensava per metà le spese del grado, ponendone il residuo a carico della Agenzia.
Per la cassazione propone ricorso l'A.S.A.P., affidato a sei...
1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia una omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Lamenta che la Corte di merito ritenne, senza alcuna motivazione, di confermare l'irregolarità dei contratti di somministrazione accertata dal primo giudice, senza avvedersi che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20 aveva inserito per la somministrazione a termine, al n. 4, anche le ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo, riferibili all'ordinaria attività dell'azienda, di cui la sentenza non si era minimamente occupata. La censura è inammissibile. In primo luogo per non avere la ricorrente prodotto i dedotti contratti di somministrazione, in contrasto con l'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, neppure indicando la loro esatta ubicazione processuale (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726). In secondo luogo perchè il motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve riguardare la motivazione in ordine alla sussistenza di un fatto, che deve essere, a sua volta, controverso e decisivo. La società ricorrente non ha indicato il fatto, ne1, tanto meno, ha spiegato perchè sarebbe controverso e decisivo. Per giurisprudenza consolidata, "Il motivo di ricorso con cui - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 - si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il "fatto" controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od...
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