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La Corte d'appello di Catania, in accoglimento dell'impugnazione della Srl Polimeri Europa contro la sentenza del Pretore della stessa sede, e in totale riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda di Giorgio Cappello.
Il Cappello, licenziato il 18 luglio 1997, con effetto dal 31 luglio 1997, all'esito di procedura di mobilità, aveva accettato la risoluzione incentivata del rapporto con accordo del 30 luglio successivo, ma aveva impugnato il licenziamento, nel presupposto dell'invalidità dell'accordo transattivo ai sensi dell'art. 2113 c.c. e comunque della sua annullabilità per errore, deducendo la violazione dei criteri di scelta stabiliti con l'accordo sindacale stipulato ai sensi della legge n. 223 del 1991.
All'esito di rigetto della domanda del lavoratore, la Corte territoriale è pervenuta perché, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, ha escluso che la rinuncia convenzionale ad impugnare il licenziamento avesse ad oggetto un diritto indisponibile e fosse perciò impugnabile ai sensi dell'art. 2113 c.c.. Ha, infatti, interpretato l'accordo del 30 luglio 1997 come preordinato esclusivamente a regolare convenzionalmente la vicenda di cessazione del rapporto di lavoro mediante il pagamento al lavoratore della somma di L 68.000.000, comprensiva dell'indennità di preavviso, a titolo di incentivazione per l'esodo a fronte dell'accettazione del recesso; l'accordo, invero, conteneva anche la dichiarazione di rinuncia a tutte le altre ragioni di credito connesse al rapporto di lavoro, ma, secondo il giudizio della Corte di merito, l'assoluta genericità della formulazione non consentiva di attribuirle effetti negoziali, cosicché doveva escludersi che la transazione avesse ad oggetto, unitariamente, anche diritti indisponibili. Infine, l'errore allegato dal Cappello come vizio del consenso...
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2113 e degli art. 1362 ss. c.c. in relazione all'accordo 28 luglio 1997, nonché omessa, insufficiente ed illogica motivazione.
Si deduce che il tenore letterale dell'accordo transattivo rivelava chiaramente l'intenzione delle parti non solo di definire la questione della cessazione del rapporto (clausola n. 2 dell'accordo), ma, anche, con la clausola n. 3, di considerare estinte le specifiche ragioni di credito connesse al rapporto (diverso inquadramento, maggiori retribuzioni compensi per protrazione di lavoro, trasferte, indennità estere, equo premio per eventuali brevettazioni e altro), come comprovava la clausola n. 4, mediante la quale si era stabilito che il Cappello avrebbe dovuto restituire la somma di L 68.000.000, o comunque detrarla, ove avesse rivendicato un qualunque diritto nei confronti del datore di lavoro, clausola cui la sentenza impugnata aveva attribuito del tutto incongruamente il significato di una "sorta di penale" o "di misura disincentivante". Nè la circostanza che nessuna questione fosse stata sollevata nel giudizio in ordine a crediti retributivi, poteva rivestire alcuna rilevanza, avendo l'impugnazione tempestiva posto nel nulla una transazione avente ad oggetto anche diritti sicuramente indisponibili. 2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli art. 1362 ss, 2113, 1344, 1418 e 1434 c.c., degli art. 228 e 232 c.p.c., in relazione alla legge 223-1991, all'accordo collettivo 6.6.1997 e all'accordo individuale 30.7.1997, nonché omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione.
Si sostiene che la Corte d'appello avrebbe dovuto considerare che il licenziamento del 18.7.1997 era stato intimato con riferimento alla procedura di mobilità e all'accordo sindacale 6.6.1997, sicché l'accordo transattivo...
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