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Estremi:
Cassazione civile, 2004,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Il Tribunale di Frosinone ha rigettato l'appello di L.F. e altri litisconsorti, confermando la sentenza con la quale il Pretore della stessa sede - sezione distaccata di Anagni - aveva giudicato prive di fondamento le domande di accertamento della persistenza dei rapporti di lavoro subordinato con la B.M.S. SpA e la M.J.SpA, che asserivano illegittimamente risolti in data 5.3.1993, con la reintegrazione nei posti di lavoro e il risarcimento dei danni; nonché le domande subordinate di accertamento del diritto al ripristino del rapporto nei confronti della N.N.B. s.r.l. (in seguito B. s.r.l.), acquirente del reparto chimico dello stabilimento di Anagni al quale erano addetti, ovvero il diritto all'assunzione nei confronti della medesima.

    Il Tribunale ha accertato in fatto che, aperta dalle due prime società una procedura di mobilità nella prospettiva della chiusura del reparto chimico dello stabilimento di Anagni (sfociata nell'accordo sindacale 4.2.1993, che determinava il personale eccedente nel numero di 163), i lavoratori erano stati sollecitati a proporre essi stessi il collocamento in mobilità dietro corresponsione di un incentivo di € 35.000.000, con rinuncia ad impugnare i licenziamenti; gli appellanti avevano presentato tale domanda e gli accordi erano stati trasfusi in altrettante conciliazioni sindacali perfezionate in data 30.3.1993; nel mese di novembre dello stesso anno il reparto chimico era stato riaperto da parte della società N.N.B. s.r.l. (poi B. s.r.l.), che era diventata titolare dello stabilimento di Anagni all'esito di un'operazione le cui trattative erano iniziate dopo la vicenda descritta, società che aveva proceduto a nuove assunzioni.

    Con riferimento alle sole questioni che ancora rilevano nella controversia, all'esito di rigetto delle domande il Tribunale è pervenuto perché: a) le conciliazioni raggiunte in sede sindacale, non sussistendo i vizi...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 410 c.p.c. nonché vizio della motivazione, per avere il Tribunale escluso l'impugnabilità delle conciliazioni sindacali sulla cessazione del rapporto di lavoro, sebbene fossero state sottoscritte nei locali aziendali, senza la presenza continua del rappresentante sindacale componente l'organo di conciliazione e, comunque, in difetto di un'effettiva assistenza del sindacato ai lavoratori.

    1.1. Il motivo è privo di fondamento per ragioni diverse da quelle enunciate nella motivazione della sentenza impugnata, che va di conseguenza corretta fermo restando il dispositivo conforme al diritto (art. 384, secondo comma, c.p.c.).

    1.2. L'accertamento in fatto, come riferito in narrativa, è che i lavoratori, all'esito di procedura di mobilità, avevano accettato la risoluzione incentivata del rapporto, formalizzata poi con la conciliazione sindacale.

    Si era, dunque, in presenza di un accordo (più specificamente, di un contratto di transazione) avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di una somma di danaro a tale titolo.

    Orbene, la giurisprudenza della Corte è fermamente orientata nel senso che le rinunce o transazioni aventi ad oggetto la cessazione del rapporto di lavoro non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 2113 c.c. (Cass. 4780/2003; 304/1998, 11581/1997 nonché le sentenze richiamate più avanti, al n. 1.3.).

    L'orientamento si fonda sul rilievo che la stabilità del posto di lavoro, se garantita, lo è da leggi o disposizioni collettive che sicuramente non sono derogabili dalla privata autonomia; e tuttavia l'ordinamento, riconoscendo al lavoratore il diritto potestativo di disporre negozialmente e definitivamente del posto di lavoro (art. 2118 c.c.), non consente di attrarre la sua...

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