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Estremi:
Cassazione civile, 2008,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con ricorso, depositato il 6.02.2003, L.S. conveniva in giudizio la AMIAT, da cui era stato assunto il 1.4.1992, per sentir dichiarare l'illegittimità del licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto, l'11.10.2002, con i conseguenti provvedimenti di carattere restitutorio e risarcitorio, versandosi in ambito di tutela reale. Il ricorrente premetteva:

    a) di avere subito nel 1995 incidente stradale, a seguito del quale aveva riportato inabilità del 37%;

    b) di essere stato adibito a mansioni non confacenti al suo stato di salute e ciò era stata la causa delle sue ripetute assenza dal lavoro;

    c) di avere ricevuto, in data 23.1.2002, comunicazione da parte del datore di lavoro secondo cui, alla data del 5.1.2002, aveva già maturato 345 giorni di assenza;

    d) di avere ripreso servizio in data 29.1.2002 lavorando ininterrottamente fino al 15.5.2002, data in cui si era infortunato con prognosi fino al 29.9.2002, poi ridotta al 9.9.2002, a seguito di verifica INAIL;

    e) di avere ottenuto dal 9.9.2002 al 9.10.2002 un congedo parentale e di avere ripreso servizio il 10.10.2002;

    f) che il licenziamento dell'11.10.2002 era intempestivo, essendosi maturato il comporto in data 26.01.2002.

    Con sentenza n. 7375 del 2003 il Tribunale di Torino accoglieva il ricorso, dichiarando l'illegittimità del licenziamento per mancanza del requisito della tempestività.

    Tale decisione, appellata dall'AMIAT, è stata confermata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 73 del 2005, con condanna dell'appellante principale alle spese del grado. Il giudice di appello ha osservato che il L. dopo il superamento del periodo di comporto lavoro per circa quattro mesi e nel momento in cui doveva tornare in servizio dopo l'infortunio ottenne un congedo per motivi parentali, il che era incompatibile con una volontà rescissoria da parte del datore di lavoro. Nè, ad avviso della Corte...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ. e dell'art. 12 preleggi. La ricorrente, pur dichiarandosi consapevole dell'orientamento giurisprudenziale richiamato dalla Corte di Appello, censura la sentenza impugnata ritenendo che l'art. 2110 cod. civ., non richieda quale requisito di legittimità del recesso per avvenuto superamento del comporto quello della tempestività nè ravvisi nella non tempestività del recesso una rinuncia all'esercizio del medesimo, non prevedendo alcun termine entro il quale il recesso deve essere esercitato.

    La stessa ricorrente ritiene errata la decisione impugnata ai fini della valutazione della volontà di rescindere il contratto sia in relazione al fatto che essa azienda, alla data del 29.1.2002, giorno di ripresa dell'attività lavorativa da parte del L., non era consapevole del superamento del periodo di comporto da parte del lavoratore, sia in relazione alla non rilevanza della concessione di un congedo parentale, trattandosi di un diritto del lavoratore, rispetto al quale il datore di lavoro trovasi in condizione di mero pati.

    Con il secondo motivo la ricorrente, nel lamentare vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza di appello, per non avere preso alcuna posizione sulle doglianze avanzate circa la non necessità del requisito della tempestività ai fini del recesso per superamento del comporto, sia per avere, in modo contraddittorio, affermato, da un lato, perentoriamente che l'anzidetto requisito era necessario e la non tempestività era indice di una rinuncia del datore di lavoro all'esercizio del suo potere di recesso e, poi, a sostegno del proprio convincimento, per essersi limitata a citare una pronuncia della Corte di Cassazione, la quale in ogni caso non sostiene che la non tempestività equivale a rinuncia.

    I due esposti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente...

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