Con citazione notificata il 13 luglio 1983 la signora C.B. - premesso che atto pubblico del 19 marzo 1980 aveva venduto al signor V.S., al prezzo di lire 50 milioni, un terreno con sovrastante piccolo edificio da demolire; che il S. si era impegnato a venderle, allo stesso prezzo, una porzione del fabbricato erigendo sul terreno trasferitogli; che l'immobile promesso non era stato consegnato entro il termine pattuito del 31 ottobre 1981 - convenne in giudizio il S. chiedendo che il Tribunale di Perugia pronunciasse sentenza di trasferimento della proprietà dell'immobile ex art. 2932 c.c., con condanna del convenuto al risarcimento del danno.
Il S., resistendo in giudizio, dedusse che:
- in data 9 marzo 1984 le parti avevano transatto la controversia, convenendo che egli avrebbe versato alla B. la somma di lire 260 milioni, di cui 40 milioni versati subito e 220 milioni da corrispondere entro il 30 maggio 1984, con facoltà della B. in caso di inadempienza dello stesso S. di trattenere la somma di lire 40 milioni quale risarcimento del danno e di agire esecutivamente nei confronti della controparte, azionando il titolo rilasciatole per la somma di lire 220 milioni, ovvero, in via alternativa, di proseguire nel giudizio instaurato;
- egli non aveva provveduto a pagare alla scadenza concordata la somma di lire 220 milioni e la B. aveva dichiarato di voler dare impulso al giudizio pendente, senza però riconsegnare l'assegno di lire 220 milioni, di cui il convenuto otteneva il sequestro dal Pretore di Perugia;
- l'atto pubblico del 19 marzo 1980 andava qualificato non come contratto preliminare, ma come contratto definitivo di compravendita, avente ad oggetto un immobile futuro, e in ogni caso l'esecuzione in forma specifica del medesimo contratto era impossibile, in quanto la porzione immobiliare oggetto dell'impegno non era mai venuta...
A) Con il primo motivo la signora B. - denunciando vizio di motivazione, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1470 e 1552 c.c. - censura la sentenza impugnata per avere i giudici di appello ritenuto infondata la domanda principale (che, muovendo dalla qualificazione del contratto inter partes come permuta di cosa presente con cosa futura, mirava all'accertamento dell'intervenuto acquisto della proprietà dell'immobile per cui è causa), dopo aver qualificato come preliminare il contratto di cui all'atto pubblico 19 marzo 1980, relativo al trasferimento della proprietà di una porzione immobiliare dell'erigendo fabbricato, sulla base di un'interpretazione sommaria e apodittica di detto contratto, ancorata esclusivamente al nomen iuris e alle espressioni letterali utilizzate dalle parti, senza tener conto dell'interesse sostanziale perseguito dalle stesse.
B) La ricorrente afferma in particolare che:
- il contratto in questione non contiene alcun riferimento all'obbligo delle parti di prestare il proprio consenso per la stipula dell'atto definitivo di compravendita, mentre l'unico termine previsto è quello per la consegna dell'immobile all'acquirente;
- la reale natura di detto contratto, anche alla luce dell'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, è invece quella di permuta di cosa presente (il terreno edificabile) con cosa futura (la porzione immobiliare all'interno del fabbricato da realizzare sullo stesso terreno);
- indipendentemente dal nomen iuris e dalle espressioni letterali usate dalle parti nel contratto del 19 marzo 1980, l'intento sostanziale dei contraenti era pertanto quello di trasferire la proprietà del suolo dietro il trasferimento della proprietà del futuro appartamento, restando anche irrilevante il meccanismo di compensazione dei corrispettivi in denaro, previsto dalle parti, in...
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