Con sentenza depositata il 25 marzo 2006, la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, impugnata da F.E., ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato a quest'ultimo dalla COBARR s.p.a., ordinando alla società di reintegrare l'appellante nel posto di lavoro e condannandola a corrispondere al lavoratore le retribuzioni maturate dalla data del recesso a quella dell'effettiva reintegra, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, detratta la somma di Euro 450 mensili percepita per i lavori socialmente utili svolti dall'aprile 1999.
Il giudice del gravame è pervenuto a tali conclusioni, avendo rilevato l'inosservanza della procedura di licenziamento collettivo, nell'ambito del quale andava inquadrato il recesso in questione. In particolare, ha ritenuto che nella comunicazione inviata dall'azienda alle organizzazioni sindacali non erano stati indicati i motivi che avevano determinato la situazione di eccedenza del personale, quelli tecnici, organizzativi e produttivi che precludevano l'adozione di misure alternative, ma soprattutto non erano stati individuati la collocazione aziendale e i profili professionali dei lavoratori in esubero con riferimento al personale abitualmente impiegato. Nè, ad avviso del medesimo giudice, le indicazioni delle posizioni professionali in esubero o comunque dei settori interessati dalla riduzione del personale erano desumibili dall'accordo intervenuto con le organizzazioni sindacali, che sostanzialmente non specificava quali i criteri di scelta da seguire al fine di determinare il personale in eccedenza, risultando il criterio delle esigenze tecnico - produttive aziendali e del requisito pensionistico estremamente generico, con la conseguenza di inficiare l'intera procedura.
Per la ...
Innanzitutto, i due ricorsi, principale e incidentale, devono essere riuniti, a norma dell'art. 335 c.p.c..
Il primo motivo del ricorso principale, nel denunciare violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c.) deduce l'errore in cui è incorsa la sentenza impugnata per avere escluso la novità della censura concernente l'illegittimità del licenziamento per la violazione della necessaria oggettività del criterio di scelta, lamentata dall'appellante sotto il profilo che il criterio adottato sarebbe stato quello c.d. fotografico, in quanto avrebbe consentito, ancor prima delle consultazioni sindacali e della parametrazione dei criteri di scelta legali o contrattuali, di individuare il dipendente da licenziare; in primo grado, il lavoratore si era doluto della violazione dei criteri di scelta in relazione a quelli previsti dall'accordo sindacale.
Al termine del motivo è enunciato il seguente quesito di diritto:
"E' vero che nella formulazione dell'atto di appello non possono proporsi domande o eccezioni nuove".
Il secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., addebitando alla sentenza impugnata di non essersi pronunciata affatto, o di essersi pronunciata in maniera inadeguata, sulla eccezione di novità della censura specificata nel precedente mezzo di annullamento, si conclude con il seguente quesito di diritto: "E' vero che il giudice investito di una specifica questione posta anche in forma di eccezione ovvero di istanza ritualmente introdotta in giudizio deve attenersi alla regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., e che tale violazione integra un difetto di attività del giudice di secondo grado".
Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa...
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