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Estremi:
Cassazione civile, 2004,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con ricorso del 19 novembre 1998 l'AZIENDA SANITARIA LOCALE DI RIETI propose opposizione all'ordinanza - ingiunzione con cui la Direzione Provinciale del Lavoro di Rieti ingiungeva all'AZIENDA il pagamento di lire 1.298.000 a titolo di sanzione per la violazione dell'art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473 e degli artt. 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370, per avere fatto eseguire a personale medico (anestesisti) addetto al reparto di anestesia e rianimazione un orario di lavoro superiore alle otto ore giornaliere ed alle quarantotto settimanali e non avergli concesso il riposo settimanale di ventiquattro ore consecutive.

    Sosteneva l'opponente che le predette disposizioni non trovavano applicazione per il personale dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, né in particolare per il personale direttivo; aggiungeva che il mancato godimento del riposo era stato determinato dalla necessità indotta dalla grave carenza di organico.

    Con sentenza del 25 gennaio 2001 il Tribunale di Rieti ha respinto l'opposizione. Afferma il giudicante che i medici anestesisti rientrano nella categoria per la quale non opera l'invocata esclusione prevista dalla normativa applicata. Ai fini di questa esclusione, la qualifica di dirigente non va dedotta dalla normativa collettiva, vincolante solo sul piano privatistico, bensì dalla stessa legge applicata, per cui sono dirigenti coloro che sono addetti a compiti di organizzazione e direzione; e tali non sono gli anestesisti in relazione ai quali è stata comminata la sanzione.

    Per la cassazione di questa sentenza ricorre l'AZIENDA SANITARIA LOCALE DI RIETI, percorrendo le linee di 5 motivi; la Direzione Provinciale del Lavoro di Rieti non si è costituita in giudizio.

  • Diritto

    Motivi della decisione

    1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473, la ricorrente sostiene che le disposizioni applicate con l'ordinanza - ingiunzione si riferiscono alle aziende industriali o commerciali, quale essa non è.

    2. È da premettere che, ai fini della configurabilità della sanzione in controversia, in tema di illeciti amministrativi, i principi di legalità e di retroattività ed il divieto di applicazione dell'analogia, di cui all'art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, comportano l'assoggettamento del comportamento illecito alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore (eventualmente) più favorevole, sia che si tratti di illeciti amministrativi derivanti da depenalizzazione, sia che essi debbano considerarsi tali ab origine, senza che rilevi, in contrario, la circostanza che la più favorevole disciplina, posteriore alla data di commissione del fatto, sia entrata in vigore anteriormente all'emanazione dell'ordinanza - ingiunzione per il pagamento della sanzione pecuniaria, e senza che possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi previsti dall'art. 2 commi secondo e terzo cod. pen. (ex plurimis, Cass. 5 luglio 2003 n. 10631).

    Nel caso in esame, ove la stessa ordinanza ingiunzione in opposizione era stata emessa l'8 ottobre 1998, l'art. 11 del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 61 non è applicabile.

    3. Il motivo è infondato. La disposizione dell'art. 1 primo comma del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473 ha uno spazio ben più ampio di quanto dalla ricorrente sostenuto, poiché disciplina la durata massima normale della giornata di...

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