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Con ricorso rivolto al Pretore di Genova in funzione di giudice del lavoro, Fabrizio Graffione esponeva di essere stato assunto il 27 gennaio 1995 dal quotidiano "Il Giornale" e di essere stato addetto alla cronaca nera presso la redazione genovese; di avere lavorato sei giorni alla settimana su sette (ed eccezionalmente solo cinque giorni, compatibilmente con le esigenze del giornale), con orario dalle 10 - 10,30 fino alle 20 - 20,30, avvalendosi di mezzi della redazione (scrivania, telefono, computer e macchine varie), ricercando le notizie e redigendo gli articoli, i quali, dall'assunzione alla data del ricorso, erano stati pubblicati nel numero di 731; di avere lavorato altresì, a partire dal luglio 1995 e per due volte al mese, nella giornata di domenica, collaborando alla redazione della testata nazionale e rimanendo comunque a disposizione della redazione nazionale; di essere stato retribuito a pezzo, percependo la retribuzione media mensile di L. 1.300.000 anche nel periodo delle ferie; di essere stato licenziato il 16 novembre 1996 senza ricevere alcuna giustificazione, nonostante le sue reiterate richieste di conoscere il motivo del recesso. Chiedeva quindi che la datrice di lavoro Società Europea di Edizioni s.p.a., previo accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato giornalistico con la qualifica di redattore o di collaboratore fisso, fosse condannata alla sua reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento delle differenze retributive fra quanto spettantegli per contratto collettivo e quanto di fatto corrispostogli.
La Società Europea di Edizioni s.p.a., costituendosi in giudizio, assumeva, per quanto ancora rileva, che la collaborazione del Graffione (che contemporaneamente svolgeva molteplici altre attività, come quella di addetto stampa e pubbliche relazioni del comune di Camogli, di direttore del telegiornale di...
Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento dell'inquadrabilità delle prestazioni nella figura del redattore e, in particolare, alla ritenuta insussistenza dei requisiti della quotidianità della prestazione e della c.d. partecipazione alla cucina redazionale. Sotto il primo profilo si addebita alla sentenza impugnata illogicità e contradditorietà per non avere valorizzato la partecipazione del ricorrente alla titolazione dei propri pezzi e alla redazione di grafici, tanto più che era risultato che tale attività, nella redazione di cui trattasi, era prerogativa del capo - redattore e di pochi altri. Quanto all'altro aspetto era censurabile, in relazione alle accertate funzioni espletate dal ricorrente relativamente alla cronaca nera, il rilievo preminente dato alla presenza in redazione (oltre che il mancato approfondimento delle contrastanti risultanze testimoniali su questo punto), la congetturale affermazione - in disaccordo con le risultanze istruttorie - circa la non ricollegabilità della frequentazione quotidiana dei posti di polizia e di altre simili fonti con l'attività lavorativa presso "Il Giornale", la immotivata (e smentita dalle prove) affermazione circa l'icompatibilità fattuale di un'ampia frequentazione quotidiana della redazione con lo svolgimento di altre attività, la mancata attribuzione di rilievo alla pubblicazione di una media di circa due articoli al giorno, con cadenza sostanzialmente quotidiana.
Con il secondo motivo il ricorrente censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, il capo della sentenza relativo all'impugnativa del licenziamento. Innanzitutto il giudice d'appello illogicamente aveva interpretato l'interrogatorio reso dal ricorrente nel senso di escludere che nel colloquio intervenuto tra il ricorrente ed il redattore - capo non fosse ravvisabile l'intimazione...
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