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Estremi:
Cassazione civile, 1989,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con due distinte sentenze, del 30 aprile - 15 maggio 1985 e del 17 aprile - 18 maggio 1985, il Pretore di Genova disattendeva le domande che Orietta Lace e Fortunato Maggiolo avevano proposto nei confronti della Banca Nazionale dell'Agricoltura con ricorso depositato il 20 febbraio 1985 e che Pierino Repetto aveva proposto nei confronti del Credito Italiano con ricorso depositato il 29 gennaio 1985, dirette ad ottenere il riconoscimento del loro diritto al calcolo del contributo supplemento pasti nella determinazione dell'ammontare di altri istituti contrattuali. Avverso tale decisione i lavoratori interponevano atti di gravame avanti al Tribunale di Genova che con sentenza di riforma del 19 marzo - 13 maggio 1986 condannava la Banca Nazionale dell'Agricolture a pagare alla Lace e al Maggiolo le somme, rispettivamente, di lire 506.656. e di lire 270.988 oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi e il Credito Italiano a pagare a favore del Repetto la somma di lire 258.603, parimenti oltre la rivalutazione e gli interessi, respingendo le richieste al computo del contributo pasti nel trattamento di malattia.

    Il Tribunale - richiamando l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte e, in particolare, la sentenza del 13 febbraio 1984 n. 1073 sul problema del riflesso degli elementi retributivi sui vari istituti contrattuali, anzitutto esaminava il problema se il contributo supplementare pasti, introdotto nella contrattazione collettiva del settore a partire dal 1970, avesse natura di rimborso spese. Al riguardo richiamava i criteri generali in materia, osservando che il suddetto contributo era stato istituito a seguito della variazione dello orario normale di lavoro nel senso di riduzione dell'intervallo fra orario di lavoro antimeridiano e pomeridiano da due ore a un'ore. Al riguardo il Tribunale disattendeva la tesi del Pretore, secondo cui...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Osserva il collegio come, per esigenza logico - sistematica, debba essere anzitutto esaminato il terzo motivo il quale attiene alla natura stessa dell'erogazione di ci si discute.

    Con tale motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Costituz. nonché 2094 e 2099 cod. civ. con particolare riguardo alla distinzione tra l'indennità retributiva e il rimborso spese, e inoltre carenza e contraddittorietà di motivazione su punto essenziale della controversia.

    Con riferimento ai passi della sentenza impugnata concernenti il concetto di rimborso spese nell'ambito del trattamento economico del prestatore di lavoro, la ricorrente medesima deduce che, se di regola le c.d. spese di vita del medesimo sono a suo carico, ciò non vale nel caso in cui le spese, pur inerendo ad esigenza di vita, sono affrontate dal lavoratore per poter esplicare la prestazione secondo le richieste e in modo da soddisfare gli interessi del datore di lavoro. Rileva, in particolare, che nella fattispecie il giudice di merito non ha considerato se la contrattazione collettiva possa rilevare l'esistenza di un onere di spesa cagionata al lavoratore da una modalità della prestazione lavorativa onde disporne il rimborso o se invece essa non debba assumere natura retributiva, nel mentre la continuità e normalità della vicenda non può incidere sull'essenza e qualificazione di un indennizzo erogato per compensare una maggiore spesa conseguente alla particolarità della prestazione lavorativa. Osserva poi che al contributo supplementare pasti i lavoratori della categoria non hanno sempre diritto, ma solo nel caso in cui effettuino quell'orario di lavoro che comporti un aggravio di spesa (diritto che non sussiste invero nel caso di prestazione d'opera in trasferta e ove non sia effettuato l'orario pomeridiano). Aggiunge che la circostanza della...

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