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Con la sentenza di cui in epigrafe, e qui impugnata, il Tribunale di Cremona, con condanna dell'appellante alle spese del grado, confermava la sentenza del Pretore di Cremona n. 00172-99 del 21 settembre-05 ottobre 1999, con la quale era stata accolta la domanda di Mario Ferri contro l'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (in appresso Inps) diretta a sentir dichiarare il proprio diritto alla costituzione della rendita ex art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 per omessa contribuzione relativa al periodo 11 novembre 31 dicembre 1966 e condannare l'Istituto all'erogazione della pensione di anzianità dalla data della sua maturazione. Aveva dedotto il Ferri che i contributi per il detto periodo erano stati effettivamente versati allo SCAU di Brescia, che in data 11 novembre 1966 si era trasferito nella provincia di Cremona, dove, in data 06 dicembre 1966, aveva inoltrato domanda di iscrizione ai locali elenchi dei coltivatori diretti e che l'art. 13 citato era applicabile in via estrusiva alla categoria dei lavoratori autonomi agricoli ed ai collaboratori dell'impresa agricola di cui era a suo tempo titolare un familiare.
Osservava il Tribunale: le eccezioni di decadenza e prescrizione, peraltro non specificamente trattate ma solo richiamate con formula generica nell'atto di appello, erano infondate; a seguito di ricorso amministrativo del 10 maggio 1996 avverso precedente decisione sfavorevole dell'Inps, il Ferri aveva depositato l'atto introduttivo del giudizio il 24 giugno 1998, ben entro il temine triennale di cui al d.l. n. 384 del 1992, convertilo in legge n. 438 dal 1992; la prescrizione dell'obbligo contributivo, a sua volta, costituiva proprio il presupposto dell'applicazione dell'art. 13 invocato; tale ultima disposizione, incontestata l'esistenza del rapporto lavorativo (iscrizione negli elenchi nominativi del Comune di...
Con il primo motivo di ricorso l'Inps denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, 2935, 2939, e 2946 c.c., 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nonché vizio di motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.. Deduce l'Istituto che la facoltà del lavoratore ad esercitare il diritto alla rendita vitalizia di cui all'art. 13, quinto comma, della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in quanto connessa alla prescrizione dei contributi assicurativi, è soggetta anch'essa a prescrizione con decorrenza dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valore, e cioè dal giorno di scadenza dei contributi che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare e non ha versato.
Con i successivi motivi di ricorso l'Istituto deduceva, da un lato, che la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà era insufficienza per la prova documentale prescritta dalla legge del rapporto di lavoro per il periodo scoperto di contribuzione, dall'altro, che la forza espansiva della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 18 del 1995, peraltro relativa alla disciplina di diverso settore (artigiani), non era applicabile a quello del settore agricolo nel periodo successivo al 31 dicembre 1961 stante la preclusione di cui all'art. 11 della legge n. 233 del 1990, che aveva proprio previsto il riscatto dei contributi omessi fino a tale data, facoltà non esercitata dall'assicurato.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Giova premettere, per quanto sembra sottinteso nella sentenza impugnata ai fini del dies a quo della decorrenza della prescrizione "che non rileva la conoscenza, o meno, che il lavoratore abbia dell'omissione contributiva. Ha in particolare affermato Cass. 6 febbraio 1987, n. 1247 che il principio secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il...
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