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Estremi:
Cassazione civile, 2005,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    I signori A.C. e M.I. ricorrono per cassazione esponendo un duplice motivo d'impugnazione contro la sentenza, descritta in epigrafe, del Tribunale di Cosenza che, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato la domanda che avevano proposta nei confronti dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per ottenerne la condanna al pagamento della rendita ai superstiti in seguito alla morte del figlio convivente M., che alla guida dell'auto di sua proprietà, mentre rientrava alla propria residenza di Spezzano della Sila con un compagno di lavoro dal cantiere di Cencio (SV), dove operava, perdeva, con l'amico, la vita in un incidente stradale (infortunio in itinere).

    La sentenza d'appello ha ritenuto, conformemente a quella di primo grado, che il viaggio non era intervenuto in occasione del percorso casa-lavoro, ma s'era verificato allorché, per personali esigenze affettive, il giovane "alla fine di un periodo lavorativo" stava tornando "alla propria città di residenza, dove vivevano i genitori e i fratelli", sicché l'evento non era correlato a situazioni od attività strettamente connesse alla prestazione lavorativa, a nulla rilevando il suo status di "trasfertista", autorizzato dalla ditta, che gli rifondeva le spese del viaggio, a raggiungere i familiari ogni tre/quattro settimane, essendo la copertura assicurativa limitata a un tragitto compatibile con un'obiettiva esigenza lavorativa, non estensibile all'infortunio intervenuto in seguito a una libera scelta del lavoratore, al di fuori d'uno specifico rischio professionale.

    L'Istituto resiste con controricorso.

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Con unico motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 del d.P.R. n. 1124/'65; 12, disp. preliminari al cod.civ.; 113, 115 e 116, cod.proc.civ., e difetti di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, cpc), osservando che il Giudice d'appello, richiamandosi alla sentenza n. 1830 del 1989 per sostenere l'esistenza del c.d. rischio elettivo da parte della vittima dell'infortunio, non ha preso in considerazione l'evoluzione giurisprudenziale che ha affermato l'estensione della copertura assicurativa nel caso dei lavoratori che tornino in famiglia "con la periodicità che ragionevolmente la distanza consente" (Cass. 19 dicembre 1997, n. 12903 e 8 novembre 2000, n. 14508), essendo pacifici la distanza di oltre 1000 Km fra il luogo di lavoro e la residenza familiare; la dimora alberghiera del lavoratore in prossimità del cantiere; l'indennità "disagio" che il datore di lavoro aveva riconosciuto a causa della lontananza dalla residenza; l'autorizzazione ad usare il proprio mezzo per gli spostamenti, con rimborso delle spese; le difficoltà di collegamenti diretti fra Cencio e Spezzano; gli stretti tempi di libertà dal servizio; il concorso nelle spese di sostentamento della famiglia.

    Il ricorso, ad avviso di questo Collegio, non è fondato.

    A prescindere dall'ultimo punto indicato che, pur dato per ammesso, non integra il requisito della "vivenza a carico" stabilito dall'art. 85, co. 1°, n. 3, del T.U. n. 1124 del 1965, come definito dal successivo art. 106, le ulteriori osservazioni critiche sull'impianto della decisione, pur comprensibili dal punto di vista della tragedia che ha colpito i signori C. non incidono sul corretto convincimento espresso dalla sentenza d'appello, che ha rettamente applicato i principi elaborati al riguardo dalla dottrina e dalla giurisprudenza in tema di infortunio in itinere, sotto il profilo della delimitazione del...

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