ATTENZIONE: stai consultando la versione GRATUITA della Bancadati. Per accedere alla versione completa abbonati subito

Estremi:
Cassazione civile, 2009,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. Con ricorso depositato in data 28.9.1999, L.A. impugnava dinanzi al Tribunale di Palmi il licenziamento intimatogli il 31.5.1999 dalla spa Poste Italiane. Esponeva l'attore che il 3.12.1997 era stato posto agli arresti domiciliari per presunto concorso nel reato di usura; revocata la misura cautelare, era stato riammesso in servizio, ma in data 1.4.1999 gli erano state mosse contestazioni disciplinari in relazione al procedimento penale pendente. Sosteneva l'attore che la sanzione del licenziamento era ingiustificata, sia perchè occorreva al riguardo una condanna penale passata in giudicato, sia perchè i fatti contestati erano estranei al rapporto di lavoro.

    2. Il Tribunale adito dichiarava illegittimo il licenziamento, ma riteneva applicabile la sola tutela "obbligatoria" e pertanto condannava Poste Italiane a riassumere il lavoratore ovvero a pagargli un'indennità pari a sei mensilità di retribuzione.

    Entrambe le parti impugnavano la sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Reggio Calabria, in accoglimento dell'appello incidentale delle Poste, dichiarava legittimo il licenziamento. Proponeva ricorso per Cassazione il L. e la Corte di Cassazione, con sentenza 14.4.2005 n. 7729, cassava la sentenza di appello con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro. Al giudice di rinvio veniva affidato il compito di accertare e pronunciarsi sulla eccepita tardività del licenziamento e sulla esistenza dei fatti idonei a far venire meno il rapporto fiduciario nei confronti del lavoratore.

    3. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza 6.3.2007, riteneva inammissibile la questione inerente alla intempestività della "contestazione degli addebiti", in quanto domanda nuova, non contenuta nel ricorso introduttivo e sollevata per la prima volta...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    5. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce nullità del procedimento per omessa pronuncia, violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 99, 100, 112, 345, 346, 434, 384, 394 e 161 cod. proc. civ., art. 2119 cod. civ. e della L. n. 300 del 1970, art. 7: fino dal ricorso introduttivo, esso attore aveva impugnato il licenziamento anche per la non-immediatezza rispetto ai fatti ed alla contestazione. Sul punto la Corte di Cassazione aveva affidato al giudice del rinvio il compito di verificare la tempestività o meno del licenziamento; inopinatamente la Corte di Appello di Catanzaro ha stabilito che trattasi di motivo inammissibile.

    6. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 384, 392 e 394 cod. proc. civ., sotto il profilo che la Corte di Appello di Catanzaro non poteva comunque pronunciare sull'ammissibilità del motivo di impugnazione, in quanto la sentenza della Cassazione le aveva affidato la verifica nel merito del motivo stesso, onde la questione dell'ammissibilità risultava preclusa.

    7. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, dell'art. 2909 cod. civ., artt. 324, 329 e 371 cod. proc. civ., perchè il giudice del rinvio non ha tenuto conto del giudicato interno formatosi a proposito della questione della tardività del licenziamento. Secondo l'attore, con la sentenza n. 20.2003 la Corte di Appello di Reggio Calabria ha rigettato nel merito un motivo di impugnazione da lui proposto a proposito della non immediatezza del provvedimento e tale pronuncia non è stata oggetto di impugnazione incidentale.

    8. Con il quarto motivo del...

please wait

Caricamento in corso...

please wait

Caricamento in corso...