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Estremi:
Cassazione civile, 1993,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Dalla sentenza impugnata risulta quanto segue.

    Con ricorso del 18-7-1989 Santoni Alberto, operaio dipendente del Calzaturificio Ruggeri s.p.a., esponeva al Pretore di Civitanova Marche, avendo frequentato dal 2-10-1987 al 31-5-1988 un corso sperimentale serale per il recupero delle scuole dell'obbligo, si era visto negare dal proprio datore di lavoro il diritto a fruire di permessi retribuiti a carico di un monte ore triennale previsto dall'art. 53 C.C.N.L. 2873-1987 per i lavoratori addetti all'industria delle calzature. Aggiungeva che, pur non interferendo il tempo del lavoro con quello dello studio, atteso che l'orario lavorativo terminava alle ore 18 mentre le lezioni incominciavano alle ore 18,45 (durando fino alla 22), e pur distando l'istituto scolastico non più di tre chilometri dalla fabbrica, tuttavia il diritto allo studio, di rilevanza costituzionale, faceva sì che non gli si potesse disconoscere il diritto di tornare a casa, prima di recarsi a scuola, onde farsi una doccia, cambiarsi d'ambito e mangiare un boccone, per cui erano manifestamente insufficienti i tre quarti d'ora di cui egli disponeva al termine del lavoro.

    Concludeva il Santoni che in tal senso andava interpretato il "chiarimento verbale" apposto in calce all'art. 53 del contratto collettivo, secondo cui "il diritto a permessi retribuiti per la frequenza ai corsi... si intende esteso... anche al tempo strettamente necessario al lavoratore per recarsi a scuola", chiedendo in definitiva la condanna del datore di lavoro al pagamento in suo favore della retribuzione corrispondente al numero delle ore di permesso che gli sarebbero spettate in misura di una per ciascuna lezione fino al tetto contrattualmente stabilito.

    Costituitosi il contraddittorio, il convenuto calzaturificio, nel contestare la fondatezza della domanda, argomentava...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente, nel denunciare violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti, di cui agli artt. 1362 e segg. cc., permesso che le norme dei contratti collettivi postcorporativi, quale è quello per cui è causa, vanno interpretate alla stregua delle norme sui contratti, deduce quanto segue.

    La clausola contrattuale in questione èambigua, in quanto, mentre l'art. 51 sui permessi retribuiti non pone distinzione circa la coincidenza o meno delle ore di studio con le ore di lavoro, il chiarimento a verbale apposto in calce alla norma stessa riportato nella sentenza impugnata pone il problema per cui è causa.

    È necessario, pertanto, valutare quale rapporto abbia un "chiarimento a verbale" con una clausola contrattuale, nata "pulita", senza distinzioni quanto alla fruizione del riconosciuto diritto alle 150 ore: orbene, il chiarimento in questione è ambiguo e potrebbe essere letto anche nel senso di estendere le ore del tempo necessario a "recarsi a scuola" tra quelle da calcolare al fine della determinazione del rapporto da 1 a 2, previsto dal comma 6 dell'art. 51, il quale introduce il principio che le ore di permesso debbono comunque corrispondere alla metà delle ore del corso frequentato.

    Voler introdurre da un tale ambiguo chiarimento il principio della limitazione dal diritto allo studio alle sole ore di lavoro coincidenti con le ore del corso è contrario a quel principio di buona fede che, ai sensi dell'art. 1366 c.c., dovrebbe guidare qualsiasi interpretazione contrattuale.

    Bene, dunque, il Pretore aveva legato la propria interpretazione dalla clausola contrattuale ai principi costituzionali fissati per rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della personalità umana; mentre ha errato il Tribunale nel dare alla...

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