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Estremi:
Cassazione civile, 2000,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con ricorso al Pretore di Parma Antonio Pennino impugnava il licenziamento intimatogli dalla Impresa Unione s.p.a. per giustificato motivo oggettivo consistente nel "progressivo esaurirsi delle fasi di lavoro" nel cantiere di Terranuova Bracciolini dove era impiegato come operaio con mansioni di autista. Assumeva che il datore di lavoro, il quale, su appalto della Snam Progetti, stava costruendo il raddoppio del metanodotto proveniente dall'Algeria, avrebbe dovuto dimostrare che esso ricorrente non era diversamente collocabile in altri cantieri e chiedeva, pertanto, la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno ex art. 18 della legge n. 300-1970.

    Depositavano analoghi ricorsi Giuseppe Serafini e Antonio lovine, anch'essi dipendenti della Impresa Unione come operai comuni ed impiegati nello stesso cantiere.

    Si costituiva la Impresa Unione chiedendo il rigetto delle domande ed eccependo, in particolare, quanto alla domanda del Serafini, che questi aveva definito in via transattiva ogni rapporto di dare e avere, rinunciando ad impugnare il licenziamento.

    Il Pretore, riuniti i procedimenti, con sentenza in data 19 aprile 1994 annullava, perché privi di giustificato motivo, i licenziamenti del Pennino e dello Iovine e condannava la Impresa Unione a corrispondere loro la indennità sostitutiva della reintegrazione, per la quale avevano optato. Rigettava, invece, la domanda del Serafini.

    La decisione di primo grado era separatamente impugnata dalla Impresa Unione e dal Serafini, nonché, con appello incidentale, dal Pennino e dallo lovine (nei confronti della società datrice di lavoro) e da quest'ultima (nei confronti del Serafini).

    Il Tribunale di Parma, riuniti gli appelli, con sentenza del 26 novembre 1997, rigettava gli appelli principali e quello...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Il (più recente) ricorso della Impresa Unione s.p.a. va riunito a quello di Serafini Giuseppe, ai sensi dell'art.335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte contro la stessa sentenza.

    Deve, mi primo luogo, rilevare la Corte la inammissibilità delle deduzioni svolte dalla difesa del Serafini nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. sulle questioni controverse tra l'Impresa Unione e i dipendenti Iovine e Pennino; non risulta, infatti, che all'avv.

    Roberto Muggia, difensore del Serafini, sia stata da costoro conferita la necessaria procura speciale.

    Con il primo motivo del proprio ricorso il Serafini deduce violazione dell'art. 2113 cod. civ. e dell'art. 6 legge 15 luglio 1966 n. 604, nonché vizio di motivazione ed assume che erroneamente i giudici del merito hanno ritenuto non impugnabile la rinuncia al posto di lavoro.

    Osserva che, se non è contestabile che il lavoratore possa disporre in ordine al posto di lavoro e operare una rinuncia ad esso (così come una transazione), tale atto dispositivo, tuttavia, al pari di quelli relativi ad ogni altro diritto derivante dal rapporto, è impugnabile entro sei mesi dalla sua avvenuta sottoscrizione. E tale impugnazione egli aveva proposto per il fatto stesso di aver impugnato il licenziamento Con il secondo motivo censura la sentenza del Tribunale per violazione degli artt. da 1362 a 1371 cod. civ. nella interpretazione della lettera 15 giugno 1993 (con la quale si impugnava il licenziamento), nonché per vizio di motivazione. Sostiene che la lettera in questione doveva essere interpretata come valida impugnativa, ex art.2113 cod. civ., della transazione comportante abdicazione al posto di lavoro e ciò in quanto la norma richiede solo due elementi caratterizzanti - la forma scritta e la comunicazione al datore di lavoro nel termine di 6...

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