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Estremi:
Corte Costituzionale, 1993,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto

    La {s.p.a. I.D.M.} impugnava avanti la Corte d'Appello di Roma la sentenza del Tribunale con cui, ai sensi dell'art.1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, era stato dichiarato inefficace il pignoramento, da essa effettuato presso terzi, delle somme dovute a titolo d'indennità di fine rapporto di lavoro al proprio debitore, {Napoli Vincenzo}, già dipendente del Comune di Roma.

    La Corte d'Appello rilevava che, nel frattempo, era intervenuta la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, n.3, del citato d.P.R. <<nella parte in cui, in contrasto con l'art. 545, comma quarto, codice di procedura civile, non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende e imprese di cui all'art. 1 dello stesso d.P.R. fino alla concorrenza di un quinto per ogni altro credito vantato nei confronti del personale>> (sent. n.89 del 1987). E, conseguentemente, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, n. 2 (rectius, n. 3), nella parte in cui non prevede la pignorabilità, negli stessi limiti e per gli stessi tipi di crediti, delle indennità per cessazione del rapporto di lavoro dovute ai dipendenti degli enti di cui all'art. 1 del d.P.R. già menzionato.

    Ha osservato la Corte remittente che la norma contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione in considerazione della sopravvenuta dilatazione del settore pubblico, i cui dipendenti fruiscono della normativa dettata dal d.P.R. n. 180 del 1950, onde sarebbe oggi ingiustificata la diversità di disciplina tra le due classi di dipendenti (privati e pubblici) in ordine alla aggredibilità delle loro retribuzioni. Sì che, per le medesime ragioni enunciate dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 89 del 1987, la norma impugnata sarebbe in contrasto con...

  • Diritto

    Considerato in diritto

    l. Viene all'esame della Corte, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, n. 2 (rectius, n.3), del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, in relazione all'art.545, quarto comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui esclude, per i dipendenti degli enti indicati nell'art.1 dello stesso decreto, la pignorabilità, anche per ogni altro credito, delle indennità di fine rapporto di lavoro spettanti ai detti dipendenti.

    2. La questione é fondata.

    L'art. 545 del codice di procedura civile stabilisce, al terzo comma, che <<le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario, o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal Pretore>>. La disposizione prosegue, al quarto comma, stabilendo che <<tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito>>. Le somme dovute dai privati datori di lavoro a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro sono perciò pignorabili, nella misura massima di un quinto, per ogni tipo di credito.

    Da siffatto regime generale si discostava tutto il comparto dell'impiego pubblico (Stato, province, comuni, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e <<qualsiasi altro ente od istituto pubblico sottoposto a tutela, od anche a sola vigilanza dell'amministrazione pubblica e le imprese concessionarie di un servizio pubblico di comunicazione o di trasporto>>), per il quale l'art. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, stabiliva la regola della normale...

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