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Estremi:
Corte Costituzionale, 1997,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto

    1. Nel corso di un procedimento in materia di danno erariale il Procuratore regionale della Corte dei conti impugnava davanti alla sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ai sensi dell'art. 669-terdecies del codice di procedura civile, il sequestro conservativo dell'indennità di fine servizio, confermato dal giudice designato solo sino al limite del quinto dell'emolumento.

    In sede di reclamo, la sezione ha sollevato d'ufficio, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 della legge 8 giugno 1966, n. 424 (Abrogazione di norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico), e 21 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato).

    2. Osserva il giudice rimettente che nulla sarebbe stato innovato dopo la recente sentenza della Corte costituzionale n. 99 del 1993, che ha escluso la sequestrabilità o pignorabilità - entro i limiti stabiliti dall'art. 545 del codice di procedura civile - dell'indennità di fine rapporto spettante ai dipendenti pubblici, avendo circoscritto la propria efficacia al rapporto ordinario di credito-debito fra il "privato creditore" e il "pubblico dipendente". Non si estenderebbe, pertanto, al rapporto generato dal danno erariale - derivante alla pubblica amministrazione dal comportamento dei propri dipendenti - come disciplinato dagli artt. 4 della legge n. 424 del 1966 e 21 del d.P.R. n. 1032 del 1973, che non prevedono limiti alla sequestrabilità o pignorabilità del trattamento di fine rapporto per la riscossione dei crediti di detta natura.

    La giurisprudenza costituzionale - ricorda a tal proposito l'ordinanza - ha sostanzialmente parificato, di fronte al creditore privato, le posizioni dei...

  • Diritto

    Considerato in diritto

    1. Vengono all'esame della Corte gli artt. 4 della legge n. 424 del 1966 e 21 del d.P.R. n. 1032 del 1973, nella parte in cui non prevedono che, nelle ipotesi di danno erariale, sia sequestrabile o pignorabile - nei limiti di cui all'art. 545 del codice di procedura civile - l'indennità di fine rapporto dei dipendenti civili e militari dello Stato. Di tali norme dubita la sezione giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei conti, in relazione all'art. 3 della Costituzione, poiché manterrebbero un trattamento ingiustificatamente sfavorevole nei confronti dei pubblici dipendenti, circa la ipotesi devoluta all'esame del rimettente: d'onde, il denunciato contrasto con la tendenza alla omologazione fra i due settori quale risulta dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. da ultimo la sentenza n. 99 del 1993), ribadita dalla recente disciplina legislativa del pubblico impiego.

    2. La questione è fondata.

    Occupandosi del regime giuridico dell'indennità di fine rapporto erogata ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni (d.P.R. n. 180 del 1950), questa Corte è intervenuta, con la sentenza n. 99 del 1993, sul trattamento loro riservato, e ha esteso la sequestrabilità o pignorabilità per ogni credito, negli stessi limiti stabiliti dall'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile. Ciò per l'ingiustificata disparità fra i dipendenti pubblici, fino ad allora privilegiati, e quelli del comparto privato che erano sottoposti alla soggezione, sebbene limitata, del potere legalmente esercitato dai creditori ordinari. Disparità non più tollerabile, secondo tale pronuncia, per la progressiva eliminazione delle differenze in materia, quale sviluppo della tendenza a omogeneizzare i due settori.

    L'istituto in esame è stato oggetto di una valutazione del legislatore, volta a una graduale equiparazione, che pur nel rispetto delle peculiarità dei...

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